PENSIERI
FALLACI
di
Francesco Bianco
Con
ogni probabilità, Oriana Fallaci non ha mai calcato un campo di
calcio. Come lei stessa ammette, anzi, del calcio non è neppure
tifosa, appassionata e regolare spettatrice. Ciò non ostante, pur
ignorandone regole scritte e non scritte, etiche, strategie e
regolamenti, si sente in diritto (se non addirittura in dovere) di
esprimere il proprio parere (sullo sputo di Totti a Poulsen) attraverso la prima pagina del
quotidiano sportivo più antico ed autorevole d'Italia (poche righe
intitolate Lo sdegno
e il cazzotto, sulla Gazzetta dello sport).
Con un ben visibile trafiletto ben pubblicizzato da Calabrese al
Processo di Biscardi, la scrittrice ha voluto provocare un'opinione
pubblica moralisticamente schieratasi contro l'attaccante azzurro,
per altro autoriconosciutosi colpevole. A differenza della sua
"estimatrice", Francesco Totti (cui si può negare tutto fuorché il
riconoscimento di una certa esperienza nel mondo del calcio),
che qualche partita in vita sua l'ha giocata, ha ammesso il proprio errore:
una reazione istintiva e sbagliata, quantunque conseguente a
reiterate provocazioni da parte dell'avversario.
Nel prendere le difese di Totti, la Fallaci ignora tutti i principi,
scritti e non, che stanno alla base di questo sport. Un calcio o una
gomitata, una spallata o una trattenuta, non possono essere
vendicati con uno sputo. Non solo per questioni "etiche" (lo sputo è
un' offesa alla dignità della persona), ma anche per le
probabili sanzioni disciplinari cui, specie nell'epoca del Grande
Fratello (l'instancabile e indiscreto occhio dei media), si rischia
di andare incontro. Quantunque si tratti di un evidente paradosso
(spogliatevi dei preconcetti e lo vedrete con chiarezza), uno sputo
è sanzionato più gravemente che non un'entrata come quella costata
allo stesso Totti (nel finale di Danimarca - Italia) il cartellino
giallo.
Dovendo proprio "rispondere" (l'ideale sarebbe replicare con un gol,
ma occorre averne i mezzi), Totti avrebbe più produttivamente potuto
usare gli stessi mezzi del proprio avversario, in ossequio al
vecchio adagio "i calci in campo si prendono e si danno". Con un po'
di discrezione, avrebbe potuto farla franca. Di sicuro non avrebbe
preso tre giornate, né si sarebbe macchiato dell'onta che ne fa ora
una specie di rinnegato.
Ancora meglio sarebbe ignorare il proprio provocatore. Se proprio non ci
si riesce, rispondergli a tono. Tacchetti e saliva appartengono a
linguaggi diversi, incompatibili.
Lo sputo gli è tornato in faccia, come una sorta di boomerang.
Per tutto questo Totti ha sbagliato. Per tutto questo, più che per
non meglio precisate "necessità professionali", l'azzurro ha chiesto
scusa all'avversario e ha rinnegato il proprio gesto.
Per tutto questo il tardivo (per fortuna) consiglio della Fallaci è stupido
quanto inutile. Il consiglio di chi, non avendo mai indossato uno
scarpino, non riesce a immaginarne la sensazione. Il consiglio di
chi, applicando discutibili regole di vita al al calcio (che della
vita, al più, è metafora affascinante ma incompleta), compie un doppio errore.
Sbaglia partenza e arrivo, a mio parere.
Ci si chiede come tutto questo, che è evidente, sfugga a una mente
arguta come quella di Oriana Fallaci. Forse bisognerebbe cercare
qualche chiave di lettura "fra le righe". O forse prendere questa
scemenza per quella che è: una provocazione stupida, dettata magari
da un direttore (Calabrese) e da una redazione avidi di vendite (la
Gazzetta del 19/6/2004 è esaurita in poche ore), pronti a cavalcare
l'onda di argomenti vuoti, triti, inesistenti.
leggi l'articolo di
Oriana Fallaci
L'opinione
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