SECONDO
OTTO
di
Livio D'Alessandro
Il 4 luglio del 2004 sarà ricordato
senz’altro come il giorno in cui si è consumato il più sorprendente
risultato della storia del calcio. La Grecia è campione d’Europa.
Fosse di basket, nessuno si stupirebbe. Ma a pallone i greci non
avevano mai dimostrato di saperci giocare. E infatti non si fa altro
che ripetere che è stata la vittoria del gruppo, del collettivo,
della tattica, dell’allenatore. Non a caso si fa fatica a trovare la
star della squadra. Tutti hanno contribuito alla causa comune senza
isterie, senza esultanze sproporzionate, senza divismi gratuiti. La
Grecia (e in questo Otto Rehhagel soprattutto), infligge uno
schiaffo morale a tutte le nazionali che pur potendo schierare i
grandi nomi del calcio mondiale hanno abbandonato il torneo da
giorni e giorni. Sarà solo una favola? Probabilmente si, una di
quelle irripetibili. Ma senz’altro è anche una lezione. Di calcio
innanzitutto. Il difensivismo schifato a priori dai grandi teorici
del calcio moderno, torna in auge in maniera dirompente dimostrando
che è ancora vincente, come prima più di prima. E spiega una volta
per tutte che non sono né la tattica a priori nè il tipo di gioco a
portare alla vittoria bensì la capacità di sapere applicare la
tattica giusta ai giocatori che si hanno a disposizione. Se Rehhagel
avesse optato per uno schieramento d’attacco dando spazio alle punte
e ai fantasisti, sarebbe uscito al primo turno. Ma il tecnico
tedesco ha umilmente messo i propri giocatori nelle condizioni di
dare il massimo per le caratteristiche difensive che li
contraddistinguono. Da questi presupposti nascono i tre 1-0
consecutivi contro Francia, Repubblica ceca e Portogallo che hanno
proiettato la Grecia nella storia del calcio. Tre gol fotocopia
(soprattutto gli ultimi due): ripartenza, cross dalla destra e
incornata vincente. Il resto del match a rompere il gioco, a
difendere in 8 o in 9, a rilanciare l’azione. Sistema ideale per chi
schiera una difesa solida, rapidi cursori di fascia e modesti
attaccanti.
Il Portogallo ieri sera non ha potuto nulla contro questa arcigna
barricata ellenica. Nessuno saprà mai con certezza se i lusitani
hanno sentito la pressione del match ed erano perciò un po’
sottotono oppure se tutti i meriti vanno ascritti alla Grecia che ha
bloccato le fonti di gioco degli avversari. Si può con certezza solo
constatare che i tre fantasisti di Scolari, Deco, Figo e Ronaldo
hanno giocato al di sotto delle attese. Soprattutto Deco si è
rivelato un peso per la squadra: impreciso, sconclusionato, confuso.
Rui Costa, all’ultima apparizione con la selecao dopo 94 partite, ha
dato un po’ di vivacità al gioco portoghese ma neanche la sua grinta
si è rivelata sufficiente. Il maggior colpevole della sconfitta è
stato a mio avviso Ricardo Pareira, il portiere eroe della sfida
contro l’Inghilterra. Definire goffa la sua uscita su Charisteas è
un attestato di generosità senza precedenti.
Il migliore di questa squadra, colui il quale (insieme a Ronaldo) si
è confermato anche ieri sera il perno su cui costruire la nazionale
del futuro è senza dubbio Ricardo Carvahlo.
Ma non è il momento di pensare al futuro. Per il Portogallo è il
momento di piangere e applaudire, per la Grecia invece è l’ora di
gioire e di invocare Zeus. Solo nei prossimi giorni Rehhagel ci dirà
se resterà alla guida dei campioni d’Europa oppure no. Fossi in lui
me ne andrei. Ha raggiunto il massimo. Non potrà mai ripetersi, né
migliorarsi. Ha un popolo ai suoi piedi, pieno di eterna
gratitudine. D’altro canto è vero anche che tutto questo amore e
questa fiducia incondizionata gli sono garanzia sufficiente anche in
caso di prossimi eventuali insuccessi. Veda lui.
Noi comunque, da appassionati di calcio e di favole, gli diciamo
grazie. E, in barba al nome che porta, gli diamo un bel… dieci!
PORTOGALLO - GRECIA 0 - 1 |