GRANDE
MILAN
di
Livio D'Alessandro
Comunque vada a finire, la Repubblica
ceca sarà ricordata come la squadra più convincente dell’intero
Europeo. Mancano ancora due partite ma è una conclusione che già si
può trarre.
Ora, dopo aver superato ieri sera l’esame di culinaria contro i
danesi esperti in biscotti, i cechi si dovranno confrontare con la
prova di greco, in questo nuovo palinsesto scolastico del calcio di
inizio millennio che ha riposto nel dimenticatoio gli esami classici
di spagnolo, italiano, inglese, tedesco, francese.
Quel pizzico di dignità sportiva e quella dose massiccia di orgoglio
patrio che si erano risvegliati in tutti noi dinanzi allo scempio
del 2-2 scandinavo di qualche giorno fa, ci hanno fatto credere,
ieri sera, di essere stati vendicati. Il che non sarà mai
sufficiente per vincere l’Europeo, né per asciugare dalle pagine di
storia le lacrime di Antò, ma per lenire il dolore forse si.
Ieri la Danimarca si è dimostrata evanescente proprio nei suoi
uomini fin qui migliori. Tomasson in ombra, Laursen ha giocato
finalmente come il Laursen che abbiamo conosciuto nel campionato
italiano, cioè facendosi puntualmente saltare dall’avversario e
sbagliando il tempo sui colpi di testa, Gronkjaer è sembrato molto
confuso, mentre per Helveg vale il discorso fatto per Laursen. Di
contro bisogna dire che la Repubblica ceca è una squadra che non
sembra avere punti deboli né dal punto di vista tattico né tanto
meno dal punto di vista tecnico. Travolgente si sta rivelando
l’attaccante in forza al Liverpool Milan Baros, autentica
rivelazione del torneo con cinque reti in quattro partite, l’unico
ad essere andato a segno in tutti i match fin qui disputati. Reti,
tra le altre cose, di pregevole fattura come la prima di ieri sera
quando ha infilato con un bellissimo colpo sotto il biscottaio
Sorensen. Un’altra sua notevole dote, la velocità, è stata messa in
luce dal secondo gol. Ha lasciato immobile la difesa danese e ha
infilato nel sacco l’assist al millimetro di un Nedved
straordinariamente in forma, caparbio, convinto che questa squadra
possa quanto meno tornare in finale, 8 anni dopo. Grande importanza
anche se oscura, al contrario di quanto dica quel numero 10 stampato
sulla maglietta, la svolge il gioiello del Borussia Dortmund Tomas
Rosicky, anche ieri padrone del centrocampo e onnipresente sia
davanti alla difesa sia in aiuto alle punte. Punte ben assortite
visto che accanto alla furia Baros c’è il gigante Koller, ieri
autore del primo gol (come contro l’Olanda), quello che ha aperto le
danze. Di grande solidità anche la difesa, composta da nomi non
altrettanto altisonanti come il resto della squadra ma ugualmente
efficaci e in grado come è accaduto ieri sera, di sostenere
l’infortunio di un titolare (Jiranek) sostituendolo con un altro
titolare (Grygera). Ma riguardo a questa ampiezza di rosa i cechi ci
avevano già dimostrato tutto contro la Germania.
La strada verso la finale è ormai aperta. La Grecia, è vero,
rappresenta la mina vagante del torneo e potrà contare su un giorno
di riposo in più. Ma sarà ugualmente molto difficile per gli
ellenici fermare il treno e la grinta di Baros e compagni.
La Danimarca rompe la tradizione che il quarto anno di ogni secondo
decennio la vedeva puntualmente in semifinale (1964, 1984) e torna a
casa con il ricordo di un Europeo movimentato più per fattori
extracalcistici (lo sputo di Totti a Poulsen, il biscotto con la
Svezia) che non per meriti tecnici.
REPUBBLICA CECA - DANIMARCA 3 - 0 |