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28/6/2004

GRANDE MILAN

di Livio D'Alessandro

Milan Baros

Comunque vada a finire, la Repubblica ceca sarà ricordata come la squadra più convincente dell’intero Europeo. Mancano ancora due partite ma è una conclusione che già si può trarre.
Ora, dopo aver superato ieri sera l’esame di culinaria contro i danesi esperti in biscotti, i cechi si dovranno confrontare con la prova di greco, in questo nuovo palinsesto scolastico del calcio di inizio millennio che ha riposto nel dimenticatoio gli esami classici di spagnolo, italiano, inglese, tedesco, francese.
Quel pizzico di dignità sportiva e quella dose massiccia di orgoglio patrio che si erano risvegliati in tutti noi dinanzi allo scempio del 2-2 scandinavo di qualche giorno fa, ci hanno fatto credere, ieri sera, di essere stati vendicati. Il che non sarà mai sufficiente per vincere l’Europeo, né per asciugare dalle pagine di storia le lacrime di Antò, ma per lenire il dolore forse si.
Ieri la Danimarca si è dimostrata evanescente proprio nei suoi uomini fin qui migliori. Tomasson in ombra, Laursen ha giocato finalmente come il Laursen che abbiamo conosciuto nel campionato italiano, cioè facendosi puntualmente saltare dall’avversario e sbagliando il tempo sui colpi di testa, Gronkjaer è sembrato molto confuso, mentre per Helveg vale il discorso fatto per Laursen. Di contro bisogna dire che la Repubblica ceca è una squadra che non sembra avere punti deboli né dal punto di vista tattico né tanto meno dal punto di vista tecnico. Travolgente si sta rivelando l’attaccante in forza al Liverpool Milan Baros, autentica rivelazione del torneo con cinque reti in quattro partite, l’unico ad essere andato a segno in tutti i match fin qui disputati. Reti, tra le altre cose, di pregevole fattura come la prima di ieri sera quando ha infilato con un bellissimo colpo sotto il biscottaio Sorensen. Un’altra sua notevole dote, la velocità, è stata messa in luce dal secondo gol. Ha lasciato immobile la difesa danese e ha infilato nel sacco l’assist al millimetro di un Nedved straordinariamente in forma, caparbio, convinto che questa squadra possa quanto meno tornare in finale, 8 anni dopo. Grande importanza anche se oscura, al contrario di quanto dica quel numero 10 stampato sulla maglietta, la svolge il gioiello del Borussia Dortmund Tomas Rosicky, anche ieri padrone del centrocampo e onnipresente sia davanti alla difesa sia in aiuto alle punte. Punte ben assortite visto che accanto alla furia Baros c’è il gigante Koller, ieri autore del primo gol (come contro l’Olanda), quello che ha aperto le danze. Di grande solidità anche la difesa, composta da nomi non altrettanto altisonanti come il resto della squadra ma ugualmente efficaci e in grado come è accaduto ieri sera, di sostenere l’infortunio di un titolare (Jiranek) sostituendolo con un altro titolare (Grygera). Ma riguardo a questa ampiezza di rosa i cechi ci avevano già dimostrato tutto contro la Germania.
La strada verso la finale è ormai aperta. La Grecia, è vero, rappresenta la mina vagante del torneo e potrà contare su un giorno di riposo in più. Ma sarà ugualmente molto difficile per gli ellenici fermare il treno e la grinta di Baros e compagni.
La Danimarca rompe la tradizione che il quarto anno di ogni secondo decennio la vedeva puntualmente in semifinale (1964, 1984) e torna a casa con il ricordo di un Europeo movimentato più per fattori extracalcistici (lo sputo di Totti a Poulsen, il biscotto con la Svezia) che non per meriti tecnici.

REPUBBLICA CECA - DANIMARCA 3 - 0

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