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GRUPPO A

8/6/2004

... MA NON SIA DETTA L'ULTIMA PAROLA!

A leggere da fuori i nomi delle squadre del girone A di questo Campionato europeo per nazioni, sembrerebbe tutto già scritto: Portogallo e Spagna ai quarti, Grecia e Russia a casa. Ma, si sa, il pallone è rotondo, le sorprese sono sempre dietro l’angolo e la tradizione delle due nazionali più latine del continente è da sempre modestissima in occasione dei grandi appuntamenti. Tanto è vero infatti che le squadre di club spagnole e portoghesi hanno scritto innumerevoli pagine epiche della storia del calcio (non a caso appartengono a Valencia e Porto i trofei più prestigiosi d’Europa), è altrettanto vero che il palmares delle loro squadre nazionali è in proporzione pietosamente misero. Solo la Spagna di Luisito Suarez infatti, vinse in casa un Campionato europeo nel lontano 1964. Qualche altro bagliore vent’anni dopo, quando “le furie rosse” si arresero solo in finale alla Francia di Michel Platini. Ai mondiali, poi, ancora peggio: solamente un quarto posto oltre mezzo secolo fa: nel 1950. Per il Portogallo la storia è stata ancora più amara. Gli Europei non hanno mai visto protagonista la compagine lusitana, neanche ai tempi del grande Eusebio. La “Pantera nera” si rivelò invece decisivo in occasione dei mondiali d’Inghilterra nel 1966, quando con le sue 9 reti trascinò il Portogallo fino al terzo posto.

È evidente che dinanzi a queste cifre (ridicole magari per squadre più blasonate) la Grecia impallidisce. La nazionale ellenica infatti un terzo posto al mondiale neanche immagina come sia fatto, visto che vanta una sola partecipazione sia alla fase finale dei Campionati del mondo (1994) che a quella dei Campionati europei (1980). La storia del calcio in questo Paese è andata in direzione inversamente proporzionale all’importanza che il Paese stesso riveste per la storia dello sport fin dall’antichità.

La Russia merita un discorso a parte, non fosse altro che per la sua giovanissima età. L’ultima partecipazione dell’URSS ad una competizione internazionale risale infatti al 1990. Sarà ancora l’URSS a qualificarsi ad Euro’92 ma l’evolversi delle vicende politiche faranno sì che i sovietici prenderanno parte alla manifestazione in Svezia con il nome di C.S.I. (Comunità degli Stati Indipendenti). A Usa’94 la Russia farà il suo esordio sul palcoscenico del calcio mondiale ma sarà eliminata nel girone iniziale così come in Corea nel 2002 e all’Europeo del 1996. Ai Mondiali di Francia ’98 e agli Europei franco-olandesi di due anni dopo invece la Russia non riuscì neanche a qualificarsi.

A rigor di logica e a rigor di tradizione dunque, per Russia e Grecia ci sarebbero poche speranze di passare il turno. A rafforzare questa ipotesi c’è il fattore campo che dovrebbe costituire un vantaggio per il Portogallo. Da sempre, chi gioca in casa queste manifestazioni ha una marcia in più. È così ai Campionati del mondo, che in 17 edizioni hanno visto la squadra ospitante arrivare almeno in semifinale ben 11 volte (in addirittura 6 di queste 11 occasioni la nazionale padrona di casa ha anche vinto il titolo), ma è così soprattutto ai Campionati europei dove i padroni di casa in tutte e 11 le edizioni fin qui disputate non hanno mai mancato l’appuntamento con la semifinale. Ma non solo i numeri sono dalla parte del Portogallo. Anche e soprattutto il fatto di costituire un gruppo affiatato, che va avanti insieme da diversi anni e che ha l’ultima, ghiottissima occasione per conquistare qualcosa d’importante e non sprecare definitivamente una generazione di talenti (quella dei Figo, Rui Costa, Couto, Rui Jorge, Costina, Pauleta) difficilmente ripetibile a breve termine. Sembra di buon auspicio la guida tecnica, quel Felipe Scolari campione del mondo in carica con il Brasile dei fenomeni che ha preso in mano una squadra distrutta dopo la debacle coreana, l’ha forgiata secondo il proprio credo ed è pronto a lanciarla verso ambiti traguardi. Si è affidato alla vecchia guardia (tranne Vitor Baia, mai convocato), senza disdegnare i talenti emergenti come Cristiano Ronaldo o le novità dei vari campionati come Deco, Tiago e Carvalho.

La Spagna, come al solito, sembra fortissima. Giocatori espertissimi ma ancora giovani; basti pensare a Raul e Morientes che a rispettivamente 27 e 28 anni hanno già vinto 3 Coppe dei Campioni ciascuno (il secondo ha già giocato addirittura 4 finali) o a Casillas che ha appena compiuto 23 anni e di Coppe dei Campioni ne ha già alzate 2. Raul è fuori forma, quello appena passato è stato il suo anno peggiore e i grandi appuntamenti con la nazionale fin qui li ha sempre falliti, un po’ come Del Piero. Alla sua resurrezione è affidato gran parte del destino iberico in questo torneo. Dovrebbero comunque offrire garanzie anche i due pilastri del pluridecorato Valencia Albelda e Baraja e i laterali Puyol e Michel Salgado. Il CT Saez non ha rinunciato alla freschezza e al talento del gioiello dell’Atletico Madrid Fernando “Nino” Torres, mentre ha lasciato a casa il capocannoniere spagnolo della Liga Mista. Scelta coraggiosa o azzardo inutile? All’Europeo l’ardua sentenza.

Insieme forse alla Svizzera e alla Lettonia, la Grecia è data come una delle squadre materasso di questo torneo. Una di quelle che tutti i CT si auguravano in silenzio di affrontare. E probabilmente il campo darà loro ragione. Non si possono tuttavia togliere i meriti a Otto Rehhagel, uno dei più titolati allenatori tedeschi, per aver portato la Grecia in Portogallo con una cavalcata travolgente che ha sbaragliato avversarie del calibro di Spagna e Ucraina. Dopo aver perso le prime due gare del girone eliminatorio infatti, gli ellenici sembravano spacciati. È stato allora che il CT tedesco ha fatto quadrato intorno a sé, allontanando chi si fosse reso colpevole anche del più minimo sgarro (ad esempio l’ex interista Georgatos) e puntando tutto sul medesimo gruppo (ha infatti lasciato fuori l’attaccante dell’Ajax campione d’Olanda Anastasiu e il centrocampista vicecampione d’Europa con il Monaco Zikos). Il 16 ottobre del 2002 è dunque iniziata la serie di vittorie contro l’Armenia (in casa e fuori), contro la Spagna (in Spagna), contro L’Ucraina (in casa) e contro l’Irlanda del nord (in casa e fuori) che si è conclusa l’11 ottobre dell’anno dopo con 8 reti all’attivo e addirittura zero al passivo. La rosa presenta anche tre conoscenze del nostro calcio: Dellas, Karagunis e Vryzas che in patria sono senz’altro considerati più importanti di quanto non avvenga nel nostro campionato. I perni della squadra sono però Seitaridis, fluidificante destro di buona qualità, Giannakopulos, centrocampista offensivo capace di trasformarsi all’occorrenza in punta vera e propria e il fantasista Tsiartas, abile calciatore di calci da fermo e marcatore del rigore partita nella sfida decisiva di qualificazione contro l’Irlanda del nord.

La partecipazione della Russia a questi Europei è stata appesa ad un filo fino alla fine ed ha corso il rischio di svanire per la positività di Egor Titov. Ma tutto si è risolto per il meglio e i ragazzi del CT Yartsev si lanciano con entusiasmo nella grande avventura lusitana. La Russia però non gode dei favori del pronostico, né tantomeno il calcio di questo paese sta attraversando un periodo particolarmente florido. I grandi vecchi Ovchinnikov (portiere), Onopko (capitano e difensore centrale) e “lo zar” Mostovoj (fantasista e star della squadra) sono sul viale del tramonto ma sembra impossibile rimpiazzarli per carenza di nuove leve. Non a caso la Russia si è qualificata per questa competizione per il rotto della cuffia, dopo lo spareggio con il Galles, nonostante un girone estremamente facile composto da Eire, Albania, Georgia e Svizzera. Si ripongono grandi speranze nella vena di Mostovoj, nella brillantezza ed euforia del neo campione d’Europa Alenitchev e nel laterale sinistro Evseev, autore del gol qualificazione nello spareggio con il Galles. Certo un Salenko che finalizzi il gioco con il cinismo proprio del vecchio eroe di USA ’94 manca del tutto a questa squadra. Almeno fin’ora. Speriamo che gli Europei rivelino qualche nuovo talento, magari quello di Sychev, ventenne già in evidenza al mondiale nippocoreano.

Livio D'Alessandro

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