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GRUPPO B

10/6/2004

Sarà difficile farla…FRANCiA!

Anche l’approccio a questo Gruppo B è caratterizzato dal peso dei nomi di due squadre, Francia e Inghilterra, rispetto a quello delle altre due, Croazia e Svizzera. È anche vero che l’Inghilterra, un po’ come Portogallo e soprattutto Spagna rappresenta storicamente la classica nazionale che in occasione dei grandi appuntamenti non rispecchia quasi mai il valore delle proprie squadre di club, ma anzi disattende costantemente le aspettative di tifosi e appassionati. Ai Campionati del mondo il bottino è magrissimo e anche le poche luci sono offuscate da polemiche arbitrali e politiche. È il caso del Mondiale del 1966 giocato e vinto in casa grazie all’ormai leggendario gol fantasma di Geoffrey Hurst in finale contro la Germania. A parte questo successo, nelle restanti 16 edizioni la squadra della regina ha raggiunto soltanto una volta le semifinali, in Italia nel 1990. E se è vero che alle edizioni anteguerra gli inglesi non parteciparono perché convinti di non doversi misurare con altre nazioni, essi attraversarono invece il decennio più buio nel corso degli anni 70 durante i quali non si qualificarono né ai Mondiali in Germania nel 1974, né a quelli in Argentina nel 1978. Stessa sorte 20 anni dopo, in occasione dell’edizione statunitense. Agli Europei la tradizione dei britannici è addirittura peggiore: due sole semifinali, nel lontano 1968 e in casa nel 1996.

Tutt’altro palmares quello della Francia, a dire il vero salita alla ribalta del calcio mondiale negli ultimi 20 anni. Negli ultimi due decenni infatti nessuna nazionale europea ha vinto tanto come “les bleus”: 2 Europei (1984 e 2000) e 1 Mondiale (1998). Ma fino all’Europeo del 1984 la Francia non aveva mai lasciato tracce nel calcio che conta, tranne l’exploit isolato del 1958 quando in Svezia, trascinata dal recordman di segnature ai Campionati del mondo Just Fontane, raggiunse un terzo posto storico. Da allora bisognò attendere 24 anni per vedere la Francia nuovamente sul podio: rocambolesco quello del 1982, comunque confermato quattro anni dopo in Messico. Poi, con l’addio di Platini, nuovamente il buio: assente agli Europei dell’88 e ai Mondiali del ’90, eliminata al primo turno a Euro’92, assente a Usa ’94. Ma una grande generazione di campioni stava salendo alla ribalta, una generazione che, guidata da Zinedine Zidane, lascerà il segno ai Mondiali e agli Europei successivi con una doppietta riuscita in precedenza solo alla Germania di Beckenbauer a metà degli anni ’70.

La minuscola Svizzera ha avuto più gloria ai Campionati del mondo che non ai Campionati europei. È vero che le 3 edizioni dei Mondiali in cui la Svizzera ha raggiunto i quarti di finale (miglior risultato) risalgono al 1934, 1938 e 1954 in casa (a cui va aggiunto un ottavo di finale a USA 94, sotto la guida dello stratega di allora Roy Hodgson), ma è anche vero che per un Paese così piccolo è molto più complicato trovare risorse e talenti per primeggiare. Agli Europei la Svizzera non è mai andata oltre il primo turno e a gran parte delle edizioni non si è proprio qualificata.

Fin troppo ha fatto invece la Croazia nella sua storia lunga solo tredici anni. Fu infatti la Jugoslavia a qualificarsi per l’Europeo del 1992 ma la disgregazione geo-politica che la colpì ebbe ripercussioni anche sul calcio: non c’era più una sola nazione e dunque non poteva esserci una sola nazionale. Mancò il tempo per organizzarsi e così gli slavi furono esclusi dalla competizione, favorendo il ripescaggio della Danimarca che approfittò della situazione nel più assoluto dei modi andando a conseguire uno dei trionfi più sorprendenti e clamorosi della storia del calcio. Troppo a breve termine anche l’appuntamento successivo delle qualificazioni al Mondiale americano del 1994 e così tutte le nuove nazioni slave che andavano delineandosi furono costrette a stare a guardare. Il rammarico di tutti gli appassionati di calcio fu immenso perché la generazione di giocatori in attività in quel periodo era davvero fortissima. E questa forza la espresse soprattutto la Croazia nel biennio successivo: prove generali a Inghilterra’96, dove fu eliminata di misura per 2-1 nei quarti di finale dalla Germania poi laureatasi campione. Il trionfo arrivò in Francia al Mondiale del 1998. La Croazia fu eliminata soltanto in semifinale dalla Francia padrone di casa in una partita in cui gli slavi erano passati in vantaggio ma furono poi raggiunti e superati in modo rocambolesco da una paradossale quanto storica doppietta di Lilian Thuram. La vittoria nella finale per il terzo posto contro l’Olanda permise inoltre a Davor Suker di laurearsi capocannoniere del torneo. La parabola discendente iniziò però immediatamente: Croazia non qualificata agli Europei del 2000 ed eliminata al primo turno in Corea nel 2002.

Una generazione, quella di Boban, Prosinecki, Stanic, Vlaovic, Suker, Jarni impossibile da rimpiazzare nell’immediato e difficilmente riproponibile anche nel prossimo futuro. Il CT Otto Baric ha costruito una squadra che fa della forza e della prestanza fisica la sua arma migliore. Sembrava che l’assenza di fantasia, di brio e di imprevedibilità potesse essere portata nel gruppo da Niko Kranjcar, non ancora ventenne ma già capitano della Dinamo Zagabria. La stampa e la critica hanno spinto perché facesse parte della spedizione ma Baric ha preferito confermare il gruppo che, comunque soltanto attraverso lo spareggio contro il Galles, ha superato un facile girone di qualificazione composto anche da Bulgaria, Estonia, Belgio e Andorra. I nomi dell’undici titolare sono comunque abbastanza noti agli appassionati del calcio europeo. Molti di essi giocano in Germania, come i fratelli Kovac, Zivkovic, Klasnic, altri in Ucraina come Srna, Leko e il portiere Pletikosa, alcuni anche nel nostro campionato come Simic, Tudor e Rapaic. C’è poi quella che è considerata la punta di diamante di questa squadra, Dado Prso, verso il quale nutro personalmente fortissime riserve soprattutto per il fatto di essersi messo in mostra a livello internazionale solamente in questa stagione, a trent’anni, dopo lustri di semianonimato.

La presenza della Svizzera a questo Europeo si profilava fino a pochi mesi fa più che altro una fugace ed umiliante apparizione. Molti giocatori erano stati colpiti da infortuni, da sventure nei propri club d’appartenenza e tutto il buon lavoro operato dal CT Kuhn in questi ultimi tre anni sembrava destinato a non dare frutti. Kuhn è arrivato sulla panchina elvetica nel 2001 ed ha subito provveduto a risolvere gli strappi tra i vari clan linguistici presenti all’interno dello spogliatoio. Ha rischiato scelte impopolari come ad esempio l’allontanamento di Ciriaco Sforza, uno dei più rappresentativi calciatori forse dell’intera storia del calcio svizzero. Ha inoltre implorato ed ottenuto il ritorno in nazionale del bomber Chapuisat (che nel frattempo è diventato meno goleador e funziona maggiormente come seconda punta) e del centrale difensivo Henchoz (titolare nel Liverpool). Buona parte del destino di questa nazionale dipenderà dalla vena della punta Frei (terzo marcatore del campionato francese dietro a Cissè e Drogba) e del fantasista Yakin, ventiseienne dello Stoccarda che ha dato un apporto fondamentale perché la Svizzera si qualificasse a questa manifestazione senza dover passare attraverso gli spareggi.

Stando ai nomi altisonanti, fra i più eclatanti del calcio mondiale, l’Inghilterra si presenta lanciatissima a questa competizione. Beckham è forse il giocatore più famoso al mondo, senz’altro il più retribuito; Owen è giovanissimo, ha già vinto un Pallone d’oro e, dopo un periodo buio, sembra abbia ritrovato lo smalto dei tempi migliori; Rooney è forse l’under 20 più forte del pianeta. E poi Scholes, con la sua grande classe ed esperienza; Gerrard sempre affidabile; Ashley Cole, una delle novità più belle dell’era Eriksson. Se questo sia sufficiente per vincere, sarà il campo a dircelo. È anche vero, d’altro canto, che la porta è affidata a mani insicure, quali quelle di David James del Manchester City; e solo per disperazione. Le sue due riserve (Robinson e Walker) infatti, sono entrambe retrocesse in First Division. Sembrava impossibile aprire l’era del dopo-Seaman con portieri peggiori di Seaman ma l’Inghilterra è riuscita in questa ardua impresa. L’altro grande problema è rappresentato dall’assenza forzata di Rio Ferdinand, squalificato per doping; Sarà in grado Terry di rimpiazzarlo degnamente? Ma soprattutto sull’isola ci si chiede se lo Spice-boy, dopo aver trascorso una delle stagioni più deludenti della sua carriera a Madrid, spostato anche di ruolo per far spazio a Figo, sarà ancora in grado di pennellare quei cross e quelle punizioni senza le quali l’Inghilterra farà la sua solita, misera figuraccia.

Per quanto riguarda la Francia, c’è solo da aver paura. È insieme al Brasile la squadra più forte del mondo. Il fallimento del 2002 sembra più una parentesi buia che non il declino di una generazione di fenomeni. Il CT Santini ha operato una rifondazione intelligente basata su una colonna vertebrale sontuosa composta dai campioni del mondo e d’Europa (Barthez, Desailly, Lizarazu, Thuram, Pires, Vieira, Henry, Treseguet, Wiltord) intorno alla quale ha inserito le rivelazioni degli ultimi tempi e le espressioni dei vari campionati quali Gallas, Rothen, Dacourt, Pedretti. E sembra che le assenze di Anelka (mai entrato in sintonia con il CT) e di Cissè (capocannoniere del campionato francese ma squalificato a livello internazionale) possano non pesare affatto sulla forza travolgente di questa squadra. Una squadra che ha chiuso il girone di qualificazione a punteggio pieno dominando ogni avversaria e realizzando 29 gol subendone 2. Tra queste partite di qualificazione e le gare amichevoli ha realizzato una serie di 14 vittorie consecutive eguagliando il record che apparteneva al Brasile; una serie interrotta in primavera dallo 0-0 contro l’Olanda. È senz’altro la nazionale in pole position.

Livio D'Alessandro

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