Sarà difficile farla…FRANCiA!

Anche l’approccio a questo Gruppo B è
caratterizzato dal peso dei nomi di due squadre, Francia e
Inghilterra, rispetto a quello delle altre due, Croazia e Svizzera.
È anche vero che l’Inghilterra, un po’ come Portogallo e soprattutto
Spagna rappresenta storicamente la classica nazionale che in
occasione dei grandi appuntamenti non rispecchia quasi mai il valore
delle proprie squadre di club, ma anzi disattende costantemente le
aspettative di tifosi e appassionati. Ai Campionati del mondo il
bottino è magrissimo e anche le poche luci sono offuscate da
polemiche arbitrali e politiche. È il caso del Mondiale del 1966
giocato e vinto in casa grazie all’ormai leggendario gol fantasma di
Geoffrey Hurst in finale contro la Germania. A parte questo
successo, nelle restanti 16 edizioni la squadra della regina ha
raggiunto soltanto una volta le semifinali, in Italia nel 1990. E se
è vero che alle edizioni anteguerra gli inglesi non parteciparono
perché convinti di non doversi misurare con altre nazioni, essi
attraversarono invece il decennio più buio nel corso degli anni 70
durante i quali non si qualificarono né ai Mondiali in Germania nel
1974, né a quelli in Argentina nel 1978. Stessa sorte 20 anni dopo,
in occasione dell’edizione statunitense. Agli Europei la tradizione
dei britannici è addirittura peggiore: due sole semifinali, nel
lontano 1968 e in casa nel 1996.
Tutt’altro palmares quello della
Francia, a dire il vero salita alla ribalta del calcio mondiale
negli ultimi 20 anni. Negli ultimi due decenni infatti nessuna
nazionale europea ha vinto tanto come “les bleus”: 2 Europei (1984 e
2000) e 1 Mondiale (1998). Ma fino all’Europeo del 1984 la Francia
non aveva mai lasciato tracce nel calcio che conta, tranne l’exploit
isolato del 1958 quando in Svezia, trascinata dal recordman di
segnature ai Campionati del mondo Just Fontane, raggiunse un terzo
posto storico. Da allora bisognò attendere 24 anni per vedere la
Francia nuovamente sul podio: rocambolesco quello del 1982, comunque
confermato quattro anni dopo in Messico. Poi, con l’addio di
Platini, nuovamente il buio: assente agli Europei dell’88 e ai
Mondiali del ’90, eliminata al primo turno a Euro’92, assente a Usa
’94. Ma una grande generazione di campioni stava salendo alla
ribalta, una generazione che, guidata da Zinedine Zidane, lascerà il
segno ai Mondiali e agli Europei successivi con una doppietta
riuscita in precedenza solo alla Germania di Beckenbauer a metà
degli anni ’70.
La minuscola Svizzera ha avuto più
gloria ai Campionati del mondo che non ai Campionati europei. È vero
che le 3 edizioni dei Mondiali in cui la Svizzera ha raggiunto i
quarti di finale (miglior risultato) risalgono al 1934, 1938 e 1954
in casa (a cui va aggiunto un ottavo di finale a USA 94, sotto la
guida dello stratega di allora Roy Hodgson), ma è anche vero che per
un Paese così piccolo è molto più complicato trovare risorse e
talenti per primeggiare. Agli Europei la Svizzera non è mai andata
oltre il primo turno e a gran parte delle edizioni non si è proprio
qualificata.
Fin troppo ha fatto invece la Croazia
nella sua storia lunga solo tredici anni. Fu infatti la Jugoslavia a
qualificarsi per l’Europeo del 1992 ma la disgregazione geo-politica
che la colpì ebbe ripercussioni anche sul calcio: non c’era più una
sola nazione e dunque non poteva esserci una sola nazionale. Mancò
il tempo per organizzarsi e così gli slavi furono esclusi dalla
competizione, favorendo il ripescaggio della Danimarca che
approfittò della situazione nel più assoluto dei modi andando a
conseguire uno dei trionfi più sorprendenti e clamorosi della storia
del calcio. Troppo a breve termine anche l’appuntamento successivo
delle qualificazioni al Mondiale americano del 1994 e così tutte le
nuove nazioni slave che andavano delineandosi furono costrette a
stare a guardare. Il rammarico di tutti gli appassionati di calcio
fu immenso perché la generazione di giocatori in attività in quel
periodo era davvero fortissima. E questa forza la espresse
soprattutto la Croazia nel biennio successivo: prove generali a
Inghilterra’96, dove fu eliminata di misura per 2-1 nei quarti di
finale dalla Germania poi laureatasi campione. Il trionfo arrivò in
Francia al Mondiale del 1998. La Croazia fu eliminata soltanto in
semifinale dalla Francia padrone di casa in una partita in cui gli
slavi erano passati in vantaggio ma furono poi raggiunti e superati
in modo rocambolesco da una paradossale quanto storica doppietta di
Lilian Thuram. La vittoria nella finale per il terzo posto contro
l’Olanda permise inoltre a Davor Suker di laurearsi capocannoniere
del torneo. La parabola discendente iniziò però immediatamente:
Croazia non qualificata agli Europei del 2000 ed eliminata al primo
turno in Corea nel 2002.
Una generazione, quella di Boban,
Prosinecki, Stanic, Vlaovic, Suker, Jarni impossibile da rimpiazzare
nell’immediato e difficilmente riproponibile anche nel prossimo
futuro. Il CT Otto Baric ha costruito una squadra che fa della forza
e della prestanza fisica la sua arma migliore. Sembrava che
l’assenza di fantasia, di brio e di imprevedibilità potesse essere
portata nel gruppo da Niko Kranjcar, non ancora ventenne ma già
capitano della Dinamo Zagabria. La stampa e la critica hanno spinto
perché facesse parte della spedizione ma Baric ha preferito
confermare il gruppo che, comunque soltanto attraverso lo spareggio
contro il Galles, ha superato un facile girone di qualificazione
composto anche da Bulgaria, Estonia, Belgio e Andorra. I nomi
dell’undici titolare sono comunque abbastanza noti agli appassionati
del calcio europeo. Molti di essi giocano in Germania, come i
fratelli Kovac, Zivkovic, Klasnic, altri in Ucraina come Srna, Leko
e il portiere Pletikosa, alcuni anche nel nostro campionato come
Simic, Tudor e Rapaic. C’è poi quella che è considerata la punta di
diamante di questa squadra, Dado Prso, verso il quale nutro
personalmente fortissime riserve soprattutto per il fatto di essersi
messo in mostra a livello internazionale solamente in questa
stagione, a trent’anni, dopo lustri di semianonimato.
La presenza della Svizzera a questo
Europeo si profilava fino a pochi mesi fa più che altro una fugace
ed umiliante apparizione. Molti giocatori erano stati colpiti da
infortuni, da sventure nei propri club d’appartenenza e tutto il
buon lavoro operato dal CT Kuhn in questi ultimi tre anni sembrava
destinato a non dare frutti. Kuhn è arrivato sulla panchina elvetica
nel 2001 ed ha subito provveduto a risolvere gli strappi tra i vari
clan linguistici presenti all’interno dello spogliatoio. Ha
rischiato scelte impopolari come ad esempio l’allontanamento di
Ciriaco Sforza, uno dei più rappresentativi calciatori forse
dell’intera storia del calcio svizzero. Ha inoltre implorato ed
ottenuto il ritorno in nazionale del bomber Chapuisat (che nel
frattempo è diventato meno goleador e funziona maggiormente come
seconda punta) e del centrale difensivo Henchoz (titolare nel
Liverpool). Buona parte del destino di questa nazionale dipenderà
dalla vena della punta Frei (terzo marcatore del campionato francese
dietro a Cissè e Drogba) e del fantasista Yakin, ventiseienne dello
Stoccarda che ha dato un apporto fondamentale perché la Svizzera si
qualificasse a questa manifestazione senza dover passare attraverso
gli spareggi.
Stando ai nomi altisonanti, fra i più
eclatanti del calcio mondiale, l’Inghilterra si presenta
lanciatissima a questa competizione. Beckham è forse il giocatore
più famoso al mondo, senz’altro il più retribuito; Owen è
giovanissimo, ha già vinto un Pallone d’oro e, dopo un periodo buio,
sembra abbia ritrovato lo smalto dei tempi migliori; Rooney è forse
l’under 20 più forte del pianeta. E poi Scholes, con la sua grande
classe ed esperienza; Gerrard sempre affidabile; Ashley Cole, una
delle novità più belle dell’era Eriksson. Se questo sia sufficiente
per vincere, sarà il campo a dircelo. È anche vero, d’altro canto,
che la porta è affidata a mani insicure, quali quelle di David James
del Manchester City; e solo per disperazione. Le sue due riserve (Robinson
e Walker) infatti, sono entrambe retrocesse in First Division.
Sembrava impossibile aprire l’era del dopo-Seaman con portieri
peggiori di Seaman ma l’Inghilterra è riuscita in questa ardua
impresa. L’altro grande problema è rappresentato dall’assenza
forzata di Rio Ferdinand, squalificato per doping; Sarà in grado
Terry di rimpiazzarlo degnamente? Ma soprattutto sull’isola ci si
chiede se lo Spice-boy, dopo aver trascorso una delle stagioni più
deludenti della sua carriera a Madrid, spostato anche di ruolo per
far spazio a Figo, sarà ancora in grado di pennellare quei cross e
quelle punizioni senza le quali l’Inghilterra farà la sua solita,
misera figuraccia.
Per quanto
riguarda la Francia, c’è solo da aver paura. È insieme al Brasile la
squadra più forte del mondo. Il fallimento del 2002 sembra più una
parentesi buia che non il declino di una generazione di fenomeni. Il
CT Santini ha operato una rifondazione intelligente basata su una
colonna vertebrale sontuosa composta dai campioni del mondo e
d’Europa (Barthez, Desailly, Lizarazu, Thuram, Pires, Vieira, Henry,
Treseguet, Wiltord) intorno alla quale ha inserito le rivelazioni
degli ultimi tempi e le espressioni dei vari campionati quali Gallas,
Rothen, Dacourt, Pedretti. E sembra che le assenze di Anelka (mai
entrato in sintonia con il CT) e di Cissè (capocannoniere del
campionato francese ma squalificato a livello internazionale)
possano non pesare affatto sulla forza travolgente di questa
squadra. Una squadra che ha chiuso il girone di qualificazione a
punteggio pieno dominando ogni avversaria e realizzando 29 gol
subendone 2. Tra queste partite di qualificazione e le gare
amichevoli ha realizzato una serie di 14 vittorie consecutive
eguagliando il record che apparteneva al Brasile; una serie
interrotta in primavera dallo 0-0 contro l’Olanda. È senz’altro la
nazionale in pole position.
Livio D'Alessandro |