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GRUPPO C

11/6/2004

INSIDIE SCANDINAVE!

I pronostici della vigilia sono tutti a favore dell’Italia mentre il secondo posto dovrebbero giocarselo le due scandinave Svezia e Danimarca. Chi infatti, avrebbe il coraggio di puntare sulla Bulgaria, specialmente dopo il recente capitombolo contro la Repubblica Ceca? La Bulgaria non ha dalla sua neanche la tradizione a cui affidarsi visto che è sempre rimasta lontana dai palcoscenici luminosi del calcio di vertice. Fece eccezione la performance al Mondiale del 1994 dove i bulgari, capitanati dal grande Hristo Stoichkov si arresero soltanto in semifinale alle magie di Roberto Baggio. Fu quello un Mondiale trionfale, nel corso del quale la Bulgaria si tolse lo sfizio storico di eliminare ai quarti di finale la Germania campione in carica e finalista nelle tre edizioni precedenti (‘82, ‘86, ‘90 appunto) e di battere l’altra finalista delle ultime due edizioni, l’Argentina stravolta dalla vicenda Maradona. Oltre a Stoichkov tra le fila bulgare giocavano Kostadinov che realizzò il gol qualificazione contro la Francia nel girone eliminatorio; Sirakov, già marcatore contro l’Italia 8 anni prima al Mondiale del Messico; Letchkov, una delle rivelazioni del torneo e il fantasista Balakov oltre agli ottimi Borimirov e Ivanov, presenti anche in Portogallo. A parte questo exploit americano la Bulgaria non aveva mai vinto (ed anche a Francia ’98 manterrà questo mesto andazzo) neanche una partita nelle precedenti 5 edizioni dei Mondiali a cui aveva partecipato. Anche agli Europei la storia del calcio bulgaro non è luminosa, tutt’altro: apparizioni sporadiche sempre caratterizzate da eliminazioni al primo turno, come l’ultima volta a Inghilterra’96.

La tradizione danese è anch’essa modesta, anzi modestissima, ma in grande ascesa nell’ultimo ventennio; fino al 1986 infatti, la Danimarca non aveva mai partecipato ad una fase finale del Mondiale. Fu la generazione di Laudrup e Elkiaer a far conoscere al grande pubblico questa squadra scandinava che raggiunse gli ottavi di finale in Messico. Non qualificata per il Mondiale italiano, né per quello americano, la Danimarca raggiunse il suo traguardo più prestigioso in Francia, nel 1998, quando fu sconfitta nei quarti di finale dal Brasile per 3-2. La conferma della continuità del ciclo si ebbe al Mondiale di Corea dove gli scandinavi dominarono il girone battendo anche la Francia campione del mondo in carica e dovettero arrendersi solamente all’Inghilterra di Beckham negli ottavi di finale. Ma nella lunga semioscurità della tradizione calcistica danese c’è una luce accecante che ha senz’altro ripagato i tifosi di mezzo secolo di delusioni: la vittoria del Campionato europeo del 1992, la prestazione forse più sorprendente in assoluto della storia del calcio per nazionali. Era quella la squadra di Brian Laudrup, di Povlsen, di capitan Olsen e soprattutto di Peter Smeichel, uno dei più grandi portieri di tutti i tempi. Non mancò certo la dose di fortuna in quel trionfo; la Danimarca infatti non si era qualificata per la fase finale e fu riammessa soltanto dopo l’esclusione della Jugoslavia, immersa nei ben noti problemi politici. Con l’Europeo comunque, la Danimarca ha sempre avuto un certo feeling; lo dimostrano anche le due semifinali raggiunte nel 1964 e nel 1984, quando la Spagna di Butragueno ebbe la meglio soltanto ai rigori (almeno dal punto di vista statistico dunque, visto che siamo nel 2004, la Danimarca ha le carte in regola per fare un grande torneo anche quest’anno).

A differenza della Danimarca, la Svezia ha dato molto al calcio mondiale anche e soprattutto nella prima parte della storia di questo sport. Nelle prime edizioni dei Mondiali infatti, la Svezia stava sempre davanti e, dopo i quarti di finale del 1934, nelle tre edizioni successive gli è mancato solo il trionfo (quarta nel 1938, terza nel 1950, seconda nel 1958 in casa). Era il periodo del fantastico trio Gre-No-Li (Gren, Nordhal, Liedholm) che infiammavano i cuori di tutti i milanisti. Sono poi seguiti anni di anonimato, di mancate qualificazioni alle fasi finali o di eliminazioni al primo turno. Si è dovuto aspettare il 1994 per sentire ancora una volta il ruggito dei leoni scandinavi. Negli USA infatti la Svezia acciuffò nuovamente il gradino più basso del podio non senza, tra l’altro, un certo rammarico per quella rete di Romario a 10 minuti dal termine di una semifinale che sembrava destinata ai supplementari. Non altrettanta importanza ha avuto la Svezia nella storia dei Campionati Europei. Dopo gli ottavi di finale del lontano 1964, la Svezia non ha più preso parte al Campionato europeo ed è servita la wild card ottenuta in qualità di paese ospitante nel 1992 per farla tornare sul palcoscenico del calcio continentale. Ed in casa, secondo la ferrea tradizione della manifestazione secondo la quale la squadra che gioca in casa raggiunge sempre le semifinali, gli scandinavi si sono arresi proprio al penultimo atto contro la Germania. Le basi per il podio mondiale di due anni dopo erano gettate: Brolin, Dahlin, Kennet Andersson, e l’emergente Larsson (oggi trascinatore della squadra) avevano riacceso la luce.

Per quanto riguarda la tradizione italiana, essa è nota a tutti e da tutti molto rispettata. È pur vero che non è certo il palmares (o è solo in parte il palmares) a dar lustro alla nostra nazionale. I cinici numeri dicono che negli ultimi 65 anni (65!!) l’Italia ha vinto solamente un Mondiale (1982) e un Europeo (1968). Ciò vuol dire (iniziando a considerare la Coppa America dal 1960, anno della prima edizione del Campionato Europeo) 4 mondiali e una Coppa continentale meno del Brasile, 2 Mondiali e 2 Europei meno della Germania, 1 Mondiale e 1 Coppa continentale in meno dell’Argentina, 3 Coppe continentali meno dell’Uruguay, 1 Europeo meno della Francia. Ma per fortuna nostra i Mondiali sono iniziati nel 1930 e l’Italia ha vinto sia quelli del 1934 che quelli del 1938. Il calcio inoltre, altra fortuna, non è fatto di soli numeri e di sole vittorie ma anche di piazzamenti ed emozioni. Ed è per questo che l’Italia è una delle nazioni calcisticamente più prestigiose. Perché ai Mondiali è stata assente soltanto una volta (1958), perché spesso ha intrapreso appassionanti cavalcate come quelle del 1970 (finalista), del 1978 (quarta), del 1990 (terza) oppure ha sfiorato la vittoria come nel 1994; perché ha giocato partite indimenticabili come Italia-Germania 4-3 (1970), Argentina-Italia 0-1 (1978), Italia-Brasile 3-2 (1982), perché ha sempre posseduto campioni fantastici. Agli Europei non abbiamo avuto altrettanta gloria. Sembra che la buona sorte voglia farci scontare nei modi più crudeli (esempio lampante la finale del 2000) la sua decisiva presenza al nostro fianco in occasione dell’edizione del 1968, giocata in casa e vinta dopo una semifinale superata perché la monetina cadde sul lato scelto da capitan Facchetti e dopo una finale vinta al secondo tentativo. Da allora solo brutte figure: spesso neanche qualificata, a volte uscita al primo turno, due semifinali raggiunte in casa nell’80 e in Germania nell’88 fino alla drammatica finale del 2000, gettata al vento a tempo scaduto.

Il compito di vendicare quell’amarissima serata di inizio luglio è affidato a Giovanni Trapattoni e ai suoi ragazzi, molti dei quali erano in campo anche a Rotterdam 4 anni fa. La nazionale di oggi, rispetto a quella di allora, è senz’altro a trazione anteriore, non tanto per libera scelta del nostro CT ma perché dopo il tracollo nippocoreano solo un radicale cambio di modulo gli avrebbe consentito di restare sulla panchina più ambita della nazione. Il maggior potenziale della squadra azzurra sembra trovarsi nel reparto offensivo (le alternative sono talmente tante che già sono nati i primi dualismi: Cassano-Del Piero e Fiore–Camoranesi) mentre la difesa scricchiola un po’, anche perché Cannavaro risente continuamente di un piccolo infortunio irrisolto e Panucci (o Oddo) non sembrano garantire grande sicurezza. Il centrocampo sarebbe esplosivo ma Trapattoni sembra che voglia incredibilmente rinunciare (almeno in partenza) alla classe di Andrea Pirlo che, a sentire il CT, non potrebbe coesistere con Del Piero (o Cassano), Totti e Vieri. La nazione intera ripone in questi ultimi due nomi le sue grandi speranze. Il primo ha l’occasione della sua carriera: dimostrare di essere un fuoriclasse anche a livello internazionale e non solo un fenomeno che manca gli appuntamenti con le grandi platee; il secondo non ha mai fallito le grandi manifestazioni (2 Mondiali) e spera di comportarsi altrettanto bene a questi suoi primi Campionati europei.

Le avversarie più ostiche saranno con tutta probabilità Svezia e Danimarca. La prima è rinfrancata dal ritorno in nazionale del suo giocatore più rappresentativo: quell’Henrik Larsson che da quando gioca nelle file del Celtic sta segnando caterve di reti. Larsson aveva lasciato la maglia gialla del suo paese all’indomani dell’eliminazione contro il Senegal al Mondiale nippocoreano. Per 22 mesi la sua decisione è stata inderogabile. Poi, complici anche l’intervento in prima persona del presidente dell’UEFA Johansson e addirittura del primo ministro svedese Persson, il ripensamento. La Svezia si aspetta molto da lui, oltre che dal suo compagno di reparto Zlatan Ibrahimovic, simbolo dell’Ajax in quest’ultimo biennio. I due saranno assistiti dalla fantasia dell’affermato Ljunberg e dell’emergente Kallstrom e ben protetti dal lavoro del mastino Svensson. Ma due elementi preoccupano seriamente i CT Lagerbaeck (il tattico) e Soederberg (il motivatore): innanzitutto le condizioni fisiche precarie con cui sono giunti in Portogallo Allbaeck (5 volte a segno nelle qualificazioni) e i difensori Mjaellby e Michael Svensson; inoltre, di conseguenza, lo scarso stato di forma della difesa che si presenta, situazione insolita per la Svezia, come punto debole per la squadra nonostante la presenza di Olof Mellberg, eletto nel 2003 addirittura giocatore svedese dell’anno.

Giovanni Trapattoni sostiene che la Danimarca sia l’avversario più pericoloso del girone. Innanzitutto perché l’Italia la affronta all’esordio; inoltre (soprattutto) perché molti giocatori fondamentali dello scacchiere danese giocano da anni nel nostro campionato (Helveg, Jorgensen, Laursen, Tomasson e Kroldrup) e ci conoscono a memoria. Il CT Morten Olsen (bandiera storica del calcio danese) è solito schierare la squadra con un 4-3-3 con Gronkjiaer e Jorgensen esterni e Tomasson (o Sand, ormai sul viale del tramonto) punta centrale. Ma la pesantissima defezione di Gronkjaer, dovuta a seri motivi familiari, costringerà Olsen a rivedere i suoi piani. Anche la difesa non sembra essere di altissima qualità: Laursen quest’anno è sceso in campo pochissime volte e Helveg non esprime più la freschezza di un tempo, risorsa invece fondamentale per un laterale destro (anche se il 4-3-3 non prevede le continue scorribande e sovrapposizioni del 4-4-2). Nel girone di qualificazione i danesi hanno avuto la meglio sulla Romania per il rotto della cuffia: decisiva è stata la vittoria proprio in terra rumena per 5-2.

La Bulgaria sembra destinata a ricoprire lo spiacevole ruolo di fanalino di coda del girone. La qualificazione raggiunta con un cammino tranquillo non rappresenta un elemento sufficiente per stare tranquilli. Innanzitutto perché le avversarie erano modeste (Belgio, Andorra, Estonia e Croazia), poi perché il passaggio del turno è maturato soprattutto nelle prime tre sfide del girone giocate nel 2002, un anno e mezzo fa. A quel tempo nelle file della Bulgaria c’era ancora Krassimir Balakov, capitano e faro della squadra del dopo Stoichkov. Ma Balakov ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo quando il girone era stato giocato solo per metà e la nazionale bulgara ne ha senz’altro risentito pur, dopo un paio di mezzi passi falsi come i pareggi in Estonia e in casa con il Belgio, rialzandosi subito anche grazie alla buona vena realizzativa del suo gioiellino Dimitar Berbatov. Tra gli attaccanti convocati figura anche la giovane conoscenza del calcio italiano, Valeri Bojinov, che probabilmente troverà però poco spazio. A centrocampo il CT Markov si affida all’esperto Hristov, a Peev e ai due Petrov (che non sono fratelli), Martin e Stilian, il primo dei quali gioca in Germania nel Wolfsburg, al fianco di D’Alessandro. In difesa Markov ha rispolverato Ivanov, che insieme a Borimirov faceva parte della storica spedizione americana del ’94, e si affida a Petkov sulla sinistra. Un posto anche questo lasciato improvvisamente vacante dall’addio alla nazionale annunciato un anno fa dal terzino titolare Kisishev. Insomma, dopo Balakov, Kisishev: due addii nel bel mezzo del percorso di qualificazione. Non si può certo dire che i bulgari abbiano dimostrato un attaccamento esemplare alla maglia del proprio Paese!

Livio D'Alessandro

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