INSIDIE
SCANDINAVE!

I pronostici
della vigilia sono tutti a favore dell’Italia mentre il secondo
posto dovrebbero giocarselo le due scandinave Svezia e Danimarca.
Chi infatti, avrebbe il coraggio di puntare sulla Bulgaria,
specialmente dopo il recente capitombolo contro la Repubblica Ceca?
La Bulgaria non ha dalla sua neanche la tradizione a cui affidarsi
visto che è sempre rimasta lontana dai palcoscenici luminosi del
calcio di vertice. Fece eccezione la performance al Mondiale del
1994 dove i bulgari, capitanati dal grande Hristo Stoichkov si
arresero soltanto in semifinale alle magie di Roberto Baggio. Fu
quello un Mondiale trionfale, nel corso del quale la Bulgaria si
tolse lo sfizio storico di eliminare ai quarti di finale la Germania
campione in carica e finalista nelle tre edizioni precedenti (‘82,
‘86, ‘90 appunto) e di battere l’altra finalista delle ultime due
edizioni, l’Argentina stravolta dalla vicenda Maradona. Oltre a
Stoichkov tra le fila bulgare giocavano Kostadinov che realizzò il
gol qualificazione contro la Francia nel girone eliminatorio;
Sirakov, già marcatore contro l’Italia 8 anni prima al Mondiale del
Messico; Letchkov, una delle rivelazioni del torneo e il fantasista
Balakov oltre agli ottimi Borimirov e Ivanov, presenti anche in
Portogallo. A parte questo exploit americano la Bulgaria non aveva
mai vinto (ed anche a Francia ’98 manterrà questo mesto andazzo)
neanche una partita nelle precedenti 5 edizioni dei Mondiali a cui
aveva partecipato. Anche agli Europei la storia del calcio bulgaro
non è luminosa, tutt’altro: apparizioni sporadiche sempre
caratterizzate da eliminazioni al primo turno, come l’ultima volta a
Inghilterra’96.
La tradizione
danese è anch’essa modesta, anzi modestissima, ma in grande ascesa
nell’ultimo ventennio; fino al 1986 infatti, la Danimarca non aveva
mai partecipato ad una fase finale del Mondiale. Fu la generazione
di Laudrup e Elkiaer a far conoscere al grande pubblico questa
squadra scandinava che raggiunse gli ottavi di finale in Messico.
Non qualificata per il Mondiale italiano, né per quello americano,
la Danimarca raggiunse il suo traguardo più prestigioso in Francia,
nel 1998, quando fu sconfitta nei quarti di finale dal Brasile per
3-2. La conferma della continuità del ciclo si ebbe al Mondiale di
Corea dove gli scandinavi dominarono il girone battendo anche la
Francia campione del mondo in carica e dovettero arrendersi
solamente all’Inghilterra di Beckham negli ottavi di finale. Ma
nella lunga semioscurità della tradizione calcistica danese c’è una
luce accecante che ha senz’altro ripagato i tifosi di mezzo secolo
di delusioni: la vittoria del Campionato europeo del 1992, la
prestazione forse più sorprendente in assoluto della storia del
calcio per nazionali. Era quella la squadra di Brian Laudrup, di
Povlsen, di capitan Olsen e soprattutto di Peter Smeichel, uno dei
più grandi portieri di tutti i tempi. Non mancò certo la dose di
fortuna in quel trionfo; la Danimarca infatti non si era qualificata
per la fase finale e fu riammessa soltanto dopo l’esclusione della
Jugoslavia, immersa nei ben noti problemi politici. Con l’Europeo
comunque, la Danimarca ha sempre avuto un certo feeling; lo
dimostrano anche le due semifinali raggiunte nel 1964 e nel 1984,
quando la Spagna di Butragueno ebbe la meglio soltanto ai rigori
(almeno dal punto di vista statistico dunque, visto che siamo nel
2004, la Danimarca ha le carte in regola per fare un grande torneo
anche quest’anno).
A differenza
della Danimarca, la Svezia ha dato molto al calcio mondiale anche e
soprattutto nella prima parte della storia di questo sport. Nelle
prime edizioni dei Mondiali infatti, la Svezia stava sempre davanti
e, dopo i quarti di finale del 1934, nelle tre edizioni successive
gli è mancato solo il trionfo (quarta nel 1938, terza nel 1950,
seconda nel 1958 in casa). Era il periodo del fantastico trio
Gre-No-Li (Gren, Nordhal, Liedholm) che infiammavano i cuori di
tutti i milanisti. Sono poi seguiti anni di anonimato, di mancate
qualificazioni alle fasi finali o di eliminazioni al primo turno. Si
è dovuto aspettare il 1994 per sentire ancora una volta il ruggito
dei leoni scandinavi. Negli USA infatti la Svezia acciuffò
nuovamente il gradino più basso del podio non senza, tra l’altro, un
certo rammarico per quella rete di Romario a 10 minuti dal termine
di una semifinale che sembrava destinata ai supplementari. Non
altrettanta importanza ha avuto la Svezia nella storia dei
Campionati Europei. Dopo gli ottavi di finale del lontano 1964, la
Svezia non ha più preso parte al Campionato europeo ed è servita la
wild card ottenuta in qualità di paese ospitante nel 1992 per farla
tornare sul palcoscenico del calcio continentale. Ed in casa,
secondo la ferrea tradizione della manifestazione secondo la quale
la squadra che gioca in casa raggiunge sempre le semifinali, gli
scandinavi si sono arresi proprio al penultimo atto contro la
Germania. Le basi per il podio mondiale di due anni dopo erano
gettate: Brolin, Dahlin, Kennet Andersson, e l’emergente Larsson
(oggi trascinatore della squadra) avevano riacceso la luce.
Per quanto
riguarda la tradizione italiana, essa è nota a tutti e da tutti
molto rispettata. È pur vero che non è certo il palmares (o è solo
in parte il palmares) a dar lustro alla nostra nazionale. I cinici
numeri dicono che negli ultimi 65 anni (65!!) l’Italia ha vinto
solamente un Mondiale (1982) e un Europeo (1968). Ciò vuol dire
(iniziando a considerare la Coppa America dal 1960, anno della prima
edizione del Campionato Europeo) 4 mondiali e una Coppa continentale
meno del Brasile, 2 Mondiali e 2 Europei meno della Germania, 1
Mondiale e 1 Coppa continentale in meno dell’Argentina, 3 Coppe
continentali meno dell’Uruguay, 1 Europeo meno della Francia. Ma per
fortuna nostra i Mondiali sono iniziati nel 1930 e l’Italia ha vinto
sia quelli del 1934 che quelli del 1938. Il calcio inoltre, altra
fortuna, non è fatto di soli numeri e di sole vittorie ma anche di
piazzamenti ed emozioni. Ed è per questo che l’Italia è una delle
nazioni calcisticamente più prestigiose. Perché ai Mondiali è stata
assente soltanto una volta (1958), perché spesso ha intrapreso
appassionanti cavalcate come quelle del 1970 (finalista), del 1978
(quarta), del 1990 (terza) oppure ha sfiorato la vittoria come nel
1994; perché ha giocato partite indimenticabili come Italia-Germania
4-3 (1970), Argentina-Italia 0-1 (1978), Italia-Brasile 3-2 (1982),
perché ha sempre posseduto campioni fantastici. Agli Europei non
abbiamo avuto altrettanta gloria. Sembra che la buona sorte voglia
farci scontare nei modi più crudeli (esempio lampante la finale del
2000) la sua decisiva presenza al nostro fianco in occasione
dell’edizione del 1968, giocata in casa e vinta dopo una semifinale
superata perché la monetina cadde sul lato scelto da capitan
Facchetti e dopo una finale vinta al secondo tentativo. Da allora
solo brutte figure: spesso neanche qualificata, a volte uscita al
primo turno, due semifinali raggiunte in casa nell’80 e in Germania
nell’88 fino alla drammatica finale del 2000, gettata al vento a
tempo scaduto.
Il compito di
vendicare quell’amarissima serata di inizio luglio è affidato a
Giovanni Trapattoni e ai suoi ragazzi, molti dei quali erano in
campo anche a Rotterdam 4 anni fa. La nazionale di oggi, rispetto a
quella di allora, è senz’altro a trazione anteriore, non tanto per
libera scelta del nostro CT ma perché dopo il tracollo nippocoreano
solo un radicale cambio di modulo gli avrebbe consentito di restare
sulla panchina più ambita della nazione. Il maggior potenziale della
squadra azzurra sembra trovarsi nel reparto offensivo (le
alternative sono talmente tante che già sono nati i primi dualismi:
Cassano-Del Piero e Fiore–Camoranesi) mentre la difesa scricchiola
un po’, anche perché Cannavaro risente continuamente di un piccolo
infortunio irrisolto e Panucci (o Oddo) non sembrano garantire
grande sicurezza. Il centrocampo sarebbe esplosivo ma Trapattoni
sembra che voglia incredibilmente rinunciare (almeno in partenza)
alla classe di Andrea Pirlo che, a sentire il CT, non potrebbe
coesistere con Del Piero (o Cassano), Totti e Vieri. La nazione
intera ripone in questi ultimi due nomi le sue grandi speranze. Il
primo ha l’occasione della sua carriera: dimostrare di essere un
fuoriclasse anche a livello internazionale e non solo un fenomeno
che manca gli appuntamenti con le grandi platee; il secondo non ha
mai fallito le grandi manifestazioni (2 Mondiali) e spera di
comportarsi altrettanto bene a questi suoi primi Campionati europei.
Le avversarie più
ostiche saranno con tutta probabilità Svezia e Danimarca. La prima è
rinfrancata dal ritorno in nazionale del suo giocatore più
rappresentativo: quell’Henrik Larsson che da quando gioca nelle file
del Celtic sta segnando caterve di reti. Larsson aveva lasciato la
maglia gialla del suo paese all’indomani dell’eliminazione contro il
Senegal al Mondiale nippocoreano. Per 22 mesi la sua decisione è
stata inderogabile. Poi, complici anche l’intervento in prima
persona del presidente dell’UEFA Johansson e addirittura del primo
ministro svedese Persson, il ripensamento. La Svezia si aspetta
molto da lui, oltre che dal suo compagno di reparto Zlatan
Ibrahimovic, simbolo dell’Ajax in quest’ultimo biennio. I due
saranno assistiti dalla fantasia dell’affermato Ljunberg e
dell’emergente Kallstrom e ben protetti dal lavoro del mastino
Svensson. Ma due elementi preoccupano seriamente i CT Lagerbaeck (il
tattico) e Soederberg (il motivatore): innanzitutto le condizioni
fisiche precarie con cui sono giunti in Portogallo Allbaeck (5 volte
a segno nelle qualificazioni) e i difensori Mjaellby e Michael
Svensson; inoltre, di conseguenza, lo scarso stato di forma della
difesa che si presenta, situazione insolita per la Svezia, come
punto debole per la squadra nonostante la presenza di Olof Mellberg,
eletto nel 2003 addirittura giocatore svedese dell’anno.
Giovanni
Trapattoni sostiene che la Danimarca sia l’avversario più pericoloso
del girone. Innanzitutto perché l’Italia la affronta all’esordio;
inoltre (soprattutto) perché molti giocatori fondamentali dello
scacchiere danese giocano da anni nel nostro campionato (Helveg,
Jorgensen, Laursen, Tomasson e Kroldrup) e ci conoscono a memoria.
Il CT Morten Olsen (bandiera storica del calcio danese) è solito
schierare la squadra con un 4-3-3 con Gronkjiaer e Jorgensen esterni
e Tomasson (o Sand, ormai sul viale del tramonto) punta centrale. Ma
la pesantissima defezione di Gronkjaer, dovuta a seri motivi
familiari, costringerà Olsen a rivedere i suoi piani. Anche la
difesa non sembra essere di altissima qualità: Laursen quest’anno è
sceso in campo pochissime volte e Helveg non esprime più la
freschezza di un tempo, risorsa invece fondamentale per un laterale
destro (anche se il 4-3-3 non prevede le continue scorribande e
sovrapposizioni del 4-4-2). Nel girone di qualificazione i danesi
hanno avuto la meglio sulla Romania per il rotto della cuffia:
decisiva è stata la vittoria proprio in terra rumena per 5-2.
La Bulgaria
sembra destinata a ricoprire lo spiacevole ruolo di fanalino di coda
del girone. La qualificazione raggiunta con un cammino tranquillo
non rappresenta un elemento sufficiente per stare tranquilli.
Innanzitutto perché le avversarie erano modeste (Belgio, Andorra,
Estonia e Croazia), poi perché il passaggio del turno è maturato
soprattutto nelle prime tre sfide del girone giocate nel 2002, un
anno e mezzo fa. A quel tempo nelle file della Bulgaria c’era ancora
Krassimir Balakov, capitano e faro della squadra del dopo Stoichkov.
Ma Balakov ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo quando il
girone era stato giocato solo per metà e la nazionale bulgara ne ha
senz’altro risentito pur, dopo un paio di mezzi passi falsi come i
pareggi in Estonia e in casa con il Belgio, rialzandosi subito anche
grazie alla buona vena realizzativa del suo gioiellino Dimitar
Berbatov. Tra gli attaccanti convocati figura anche la giovane
conoscenza del calcio italiano, Valeri Bojinov, che probabilmente
troverà però poco spazio. A centrocampo il CT Markov si affida
all’esperto Hristov, a Peev e ai due Petrov (che non sono fratelli),
Martin e Stilian, il primo dei quali gioca in Germania nel Wolfsburg,
al fianco di D’Alessandro. In difesa Markov ha rispolverato Ivanov,
che insieme a Borimirov faceva parte della storica spedizione
americana del ’94, e si affida a Petkov sulla sinistra. Un posto
anche questo lasciato improvvisamente vacante dall’addio alla
nazionale annunciato un anno fa dal terzino titolare Kisishev.
Insomma, dopo Balakov, Kisishev: due addii nel bel mezzo del
percorso di qualificazione. Non si può certo dire che i bulgari
abbiano dimostrato un attaccamento esemplare alla maglia del proprio
Paese!
Livio D'Alessandro |