LE ORME
DI RUDI
dal nostro inviato
Till Stellino
Chiunque
sia interessato al calcio tedesco in questi ultimi giorni ha potuto
assistere a uno
spettacolo a metà tra il comico e l'assurdo: si tratta della ricerca
di un successore per l'amatissimo Rudi Voeller che si è dimesso come
CT tedesco dopo la prematura eliminazione della Germania in
Portogallo. Un'eliminazione che di tragico aveva ben poco, se la si
analizza sotto il profilo sportivo: a mente fredda, anche molti
tifosi tedeschi si sono visti costretti ad ammettere che uscire da
un girone come quello della Germania, dopo aver messo in grande
difficoltà lo storico rivale olandese, non è una vergogna nazionale.
Anche se, certamente, di questa nazionale tedesca hanno convinto
l'impegno in campo e la coesione della squadra, ma non le qualità
tecniche. Questa constatazione piuttosto equilibrata è stata
condivisa anche da gran parte della stampa moderata, e riflette
perfettamente l'opinione pubblica tedesca. Così non ci si spiega
l'unico momento "tragico" di questo europeo tedesco: Le dimissioni
di Voeller.
Torniamo indietro di due anni: a Francoforte mezza Germania
festeggiò Rudi e i suoi eroi (appena tornati dal Giappone) che, con
doti tecniche gia allora piuttosto modeste, erano riusciti ad
arrivare in finale (poi persa contro i pentacampioni del Brasile).
Vedemmo un Voeller al culmine della popolarità: immagini che molti
tedeschi portano tuttora dentro il cuore. La fortuna sorrise alla
Germania - e sul cammino per arrivare in finale sorrise tanto che
qualcuno forse gia cominciò a sospettare che un giorno questa
fortuna si sarebbe esaurita. In questo senso l'insuccesso degli
europei non ha potuto intaccare la stima dei tedeschi nei confronti
del Rudi "Nazionale". Così, quando Voeller sabato scorso è apparso
nella seguitissima trasmissione "Wetten, dass?" (lo "Scommettiamo
che" tedesco), ventimila persone si sono alzati in piedi a gridare
per minuti "Rudi! Rudi!".
Voeller non solo ha allenato la nazionale tedesca; ne era il
simbolo, l'ha rappresentata come pochi dei suoi predecessori. Come
mai, dunque, ha deciso di ritirarsi?
Non ci si allontana troppo dalla verità se si sostiene che il calcio
tedesco è in crisi. Abbondano i lavoratori e nello stesso tempo
mancano i geni. Ci sono alcune speranze giovani (Lahm,
Schweinsteiger) che però avrebbero bisogno della guida di più
giocatori della stessa bravura e soprattutto della stessa esperienza
di un Ballack per accumulare esperienza loro stessi. Senza parlare
dell'attacco che è stato il vero tallone d'Achille di questa
Germania del 2004.
Sono quindi prospettive poco promettenti per il mondiale (casalingo)
del 2006, mondiale che susciterà delle aspettative di tutt'altre
dimensioni rispetto a quelle degli europei appena conclusi. Eppure
rimane qualche dubbio sulla probabilità che siano stati questi i
motivi per l'addio di Voeller. Uno di questi dubbi ha un nome:
Gerhard Mayer-Vorfelder. L'ex presidente dello Stoccarda e ministro
del tesoro della regione Baden-Wuerttemberg è un personaggio
piuttosto ambiguo: tanto esperto di evasione fiscale quanto di
calcio, ci vuole qualche rompicapo per spiegarsi come sia riuscito a
diventare presidente della potentissima federcalcio tedesca che
conta più di sei milioni di soci. Resterà un mistero la posizione
presa da Mayer-Vorfelder nei colloqui con Voeller nella notte dopo
l'eliminazione. Ma sta di fatto che subito dopo la partita contro la
repubblica ceca nella TV tedesca si è potuto vedere e ascoltare un
presidente scontento, brontolante e - non sarebbe la prima volta -
forse anche ubriaco a causa di una delle solite birre di troppo,
come quella che avrà bevuto poco prima degli europei con Ottmar
Hitzfeld (che da disoccupato, a differenza di Vorfelder, se la
poteva tranquillamente permettere).
Così non sono del tutto infondate le ipotesi che il primo pensiero
del presidente dopo la sconfitta non siaè stato riservato a Voeller,
ma a Hitzfeld. Secondo questa ipotesi, dobbiamo attribuire alla
esemplare correttezza e integrità di Voeller il fatto che il giorno
successivo in conferenza stampa ha fatto credere a tutti che la
decisione di dimettersi sia stata presa solo ed esclusivamente per
ragioni personali e per motivi di riguardo al bene nazionale. E
stato il mancante appoggio del presidente, si sospetta, a far
maturare dietro le quinte la decisione del CT.
Ma lasciamo perdere le speculazioni e torniamo alla realtà: Voeller
si era dimesso; Mayer-Vorfelder si è affrettato di rivolgergli una
mezza parola di ringraziamento e poi, senza consultare altri
funzionari della federcalcio, si è messo in contatto con Hitzfeld.
Per pochi giorni tutti hanno dato per scontato che sarebbe stato
Hitzfeld a condurre la Germania al torneo del 2006.Hitzfeld stesso,
iunfatti, con un pizzico di presunzione, aveva già fatto sapere che
si considerava "il successore logico" di Voeller.
E poi la notizia bomba: Hitzfeld rifiuta l'incarico a causa di
sindromi di sfinitezza. Uno che nel Bayern di Monaco, sotto continua
pressione dei tifosi e della stampa, si era
periodicamente rifiutato di dimettersi - tanto che alla fine fu
cacciato - adesso soffre di sintomi improvvisi di sfinitezza? E così
si aggiunge al mistero degli eventi nella notte dell'eliminazione il
mistero ancor più grande del rifiuto di Hitzfeld. Ma non solo
Hitzfeld, anche Christoph Daum ha detto di no, e quest'ultimo ancora
prima di una eventuale domanda ufficiale, nonostante nel 2001 si
fosse visto separato dalla
panchina tedesca solamente da un pacchetto di Cocaina. Nello stesso
tempo, stanno aumentando le critiche nei confronti del presidente
che credeva di poter comunicare "missione compiuta" e deve invece
sopportare le numerose accuse di essersi comportato da vero
patriarca.
Chi rimane quindi? Ci vuole un personaggio che non abbia bisogno di
essere "preso a bastonate", come si è espresso il giornalista
tedesco Johannes B. Kerner, per accettare l'incarico. Un personaggio
che ha definito fare il CT tedesco "il sogno della sua vita".
Questo personaggio si chiama Otto Rehagel e ha appena vinto gli
europei. Ma da poco sappiamo che anche i sogni della propria vita
sono a volte fugaci: Rehagel ha appena firmato un contratto fino al
2008 - in Grecia. E l'umile gioia che Rehagel ha mostrato dopo tutte
le partite dei Greci sin dall'esordio europeo non lascia pensare che
cambi idea.
Restano due nomi di una certa portata: Winfried Schäfer, allenatore
del Kamerun, si è subito dichiarato disposto all'incarico, come
dell'altro anche Lothar Matthaeus che
attualmente sta allenando la nazionale ungherese. Ma anche se si
dovesse prendere una decisione in poco tempo, entrambi sarebbero
macchiati dal fatto di essere "di seconda scelta". E c'è una
convinzione che unisce un po' tutti i tedeschi: vista la difficoltà
del compito, ci vorrà un personaggio di prima e non di seconda
scelta, per essere in grado di seguire le orme di Rudi. |