GLI SPUTI
O LE LACRIME
"Dovendo
proprio "rispondere" (l'ideale sarebbe replicare con un gol, ma
occorre averne i mezzi), Totti avrebbe più produttivamente potuto
usare gli stessi mezzi del proprio avversario, in ossequio al
vecchio adagio "i calci in campo si prendono e si danno". Con un po'
di discrezione, avrebbe potuto farla franca. Di sicuro non avrebbe
preso tre giornate, né si sarebbe macchiato dell'onta che ne fa ora
una specie di rinnegato."
Ma sì certo. E' meglio reagire di nascosto e con sotterfugi
piuttosto che pubblicamente, con coraggio. Bell'insegnamento che dà
lei, o esperto del gioco del calcio. Alle provocazioni non dobbiamo
reagire, dobbiamo porgere l'altra guancia, non dobbiamo "offendere
la dignità di una persona" che di dignità non ne ha affatto, vero?
Beh, se questo calcio è una metafora della vita, bella vita di merda.
Complimenti....
Francesco Spirito
La
lettera in questione, a me indirizzata, è una esplicita risposta
all'articolo
Pensieri Fallaci apparso sulle pagine di questa
rivista il 22 giugno scorso. Il quale, con mia grande sorpresa, ha
suscitato una serie di reazioni senza precedenti nella giovane
storia di questa piccola rivista telematica.
Colgo l'occasione del messaggio del nostro lettore per aggiungere
qualche chiarimento, sperando al contempo di fornirgli una risposta
soddisfacente.
La frase da lei citata, signor Spirito, va letta nella sua
interezza. I affermo che il modo migliore che ha a disposizione un
campione del calibro di Totti per rispondere ad una presunta
provocazione è quello di reagire sul campo e surclassare
tecnicamente e tatticamente il proprio avversario. Su questo credo
che si possa essere tutti d'accordo. Credo che a Poulsen una
sconfitta sarebbe bruciata assai più che non uno sputo o un cazzotto
o un calcio dove non batte il sole.
Tuttavia, non sempre è possibile e immagino che la cosa, per un
ragazzo forte ed orgoglioso quanto il nostro omonimo calciatore
azzurro, debba essere frustrante.
Chiunque abbia una anche minima pratica col gioco del calcio, a
qualsiasi livello, sa che in una partita (in special modo quando vi
è qualcosa in palio) l'agonismo e la determinazione, incontrando le
molteplici occasioni di contatto e confronto diretto che il gioco
offre, possono diventare una miscela esplosiva. Tutto questo è
assolutamente normale e i primi a saperlo sono i calciatori stessi;
i quali, salvo casi estremi, a fine partita, ad animi raffreddati,
dimenticano certi piccoli "incidenti" e si scambiano complimenti,
maglie ed auguri. In ogni caso, quand'anche non si arrivi a certe (pur
non infrequenti, per fortuna) scenette da libro cuore, "resettano"
la loro memoria e ritrovano la tranquillità della vita normale. In
questo senso, io sono perfettamente d'accordo con chi sostiene che
Totti non andava demonizzato e che una squalifica di una o due
(meglio) giornate, nell'ambito di un campionato europeo, era una
punizione esemplare e più che sufficiente. Il suo gesto, in altre
parole, esce dai confini dell'etica sportiva ma resta nella zona
grigia dei mille peccati veniali che, pur censurabili, vengono
quotidianamente commessi sui campi di calcio. Non sempre, però,
sotto l'occhio infaticabile di una telecamera ad alta risoluzione.
Entra ora in gioco un'altra questione: al di là dell'etica, c'è la
responsabilità verso la propria squadra. Un calciatore, tanto più
uno che sia ed ami essere considerato il leader della Nazionale,
deve tenere un comportamento che sia in tutto e per tutto mirato al
bene della propria compagine. In questo senso, una reazione come lo
sputo contro Poulsen (specie in un calcio "mediatico" come quello
attuale, cosa che Totti sapeva), era la sciocchezza più inutile e
dannosa che si potesse immaginare.
Cosa fare, dunque? Se surclassare non è possibile e sputare neppure,
come difendere la propria dignità? Tirando cazzotti? Non mi pare una
soluzione. I "calci" (quelli che in campo si prendono e si danno)
cui mi riferivo non erano certo tackle assassini o le reazioni
scomposte che di tanto in tanto stroncano carriere promettenti. Mi
riferisco a un gioco duro, "maschio" ma nei limiti del buonsenso. A
Totti non manca la prestanza fisica per far sentire al proprio
marcatore la propria presenza, per ricambiare una spallata con una
spallata. Cose che, se è comprensibile che un arbitro valuti con
indulgenza (come sarebbe dovuto essere stato valutato Gentile in
occasione della marcatura su Maradona nel 1982?), è altrettanto
giusto dimenticare al novantesimo minuto. Il campo di gioco è un
luogo, come la società, in cui all'individuo è dato di esprimere sé
stesso e far valere la propria persona, imporre il rispetto della
propria dignità; ma la sanzione delle violazioni più gravi, e guai
se non fosse così, è delegata alle autorità giudiziarie. In campo,
per uscire dalla metafora, c'è un arbitro: a lui e a nessun altro
sta il compito di giudicare l'operato di Poulsen. Chi non accetta
l'autorità dell'arbitro, che da uomo può commettere errori, si
faccia da parte.
Quanto alla "vita di merda"... mio caro omonimo, il calcio è proprio
questo: con i suoi vizi e le sue virtù, è spesso una felice
rappresentazione del meglio e del peggio delle società umane. Non ci
sono solo i calci e gli sputi, per fortuna. Ci sono i grandi gol (le
imprese degli uomini virtuosi), gli esempi di lealtà, le
manifestazioni di passioni sincere e forti. Non lasciamoci alle
spalle quest'Europeo solo nel ricordo della saliva di Totti su
Poulsen. Ricordiamoci anche che, per uno strano disegno del destino
o per un bizzarro ricamo del caso, secondo come lo si voglia
interpretare, la squalifica del "pupone" romano ha spianato la
strada alla consacrazione di un nuovo campione. Antonio Cassano di
Bari Vecchia, uno dei pochi (fra gli azzurri) a non aver offeso,
polemizzato, sgomitato per fare le scarpe ai compagni
(atteggiamenti, si badi bene, assolutamente umani e in linea con la
metafora calcio-vita); un giovinetto ribelle e incosciente che ha
preso per mano l'Italia e che per poco non ci ha portati ai quarti
di finale. Allo scaracchio appiccicaticcio e caldo di Francesco
fanno da contraltare le fresche e sincere lacrime di Antonio.
Ciascuno, poi, scelga a quale fluido votarsi.
Francesco Bianco
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