11/6/2002

diario mondiale

di Francesco Bianco

La Francia è fuori dal Mundial. Che i campioni del mondo uscissero così precocemente, era accaduto anche all’ Italia e al Brasile, ma in anni lontani: nel 1950 successe agli azzurri, lontani campioni nel ’38 (la Grande Guerra aveva segnato una lunga pausa allo svolgimento dei mondiali); nel ’66 accadde nientemeno che al Brasile di Pelè. Quello che colpisce, dell’ eliminazione della Francia (prevedibile, dopo le prime due gare), sono le modalità: ultima nel girone, con un solo punto; senza nessun gol, esattamente come l’ Arabia Saudita. La sensazione di impotenza che hanno destato i galletti è stata almeno pari alla loro sfortuna; non si può ridurre un’ eliminazione così precoce al risultato di 5 pali e dell’ assenza forzata di Zidane.

C’ è stato anche dell’ altro, naturalmente: l’ infortunio di Piresse, che lo ha estromesso dalla rassegna di Giappone e Corea ancor prima della partenza; un’ espulsione di Henry, nella partita contro l’ Uruguay, quanto meno affrettata (componente di un arbitraggio insoddisfacente e sfavorevole alla formazione di Lemerre); ma tutto questo, sommato e soppesato con accortezza, non spiega fino in fondo una disfatta così cocente, senza appello.

Anche oggi la Francia è apparsa senza forze, senza idee, o senza i mezzi per assecondarle. Uno Zidane rappezzato che probabilmente non valeva Djorkaeff, un Trezeguet egoista, un Wiltord evanescente: questa la sintesi di una manovra offensiva che mai ha seriamente messo in discussione il primato danese. Per non parlare di una difesa in cui Candela è stato costretto, come già la scorsa partita, a ricoprire un ruolo che non è più il suo (difensore di fascia destra); sono anni, ormai, che l’ esterno della Roma gioca come laterale sinistro di centrocampo: il passo e l’ attenzione del difensore non li ha più e il primo gol avversario è figlio proprio di un suo errore.

Lemerre, che aveva rilevato il gruppo campione da Jacquet all’ indomani della vittoria di St. Denis, ha mantenuto invariata l’ ossatura della squadra: alcuni degli stessi rimpiazzi di chi in questi anni ha smesso (Blanc), appartengono al gruppo di allora (Leboeuf). Nel frattempo, Lemerre ha vinto anche un campionato europeo, battendo in finale l’ Italia (2000). Per questo mondiale ha scommesso ancora sul gruppo invincibile di Zidane e compagni: tutti molto esperti, qualcuno troppo vecchio, troppo appagato, calato rispetto a quella fantastica estate e quella, atrettanto vincente, di due anni dopo.

E dire che il punto debole della Francia di 4 anni fa, il centravanti, era ormai un problema superato. Trezeguet è un campione indiscusso, non più un’ acerba promessa. E’ ancora più forte e decisivo di quando segnò il golden gol a Toldo, nella finale europea di Rotterdam. Anche Henry è cresciuto, raggiungendo la piena maturità. Anelka non è stato convocato. Forse ci si poteva pensare.

Uno degli errori di Lemerre, a mio parere, è stato quello di non operare un giusto ed equilibrato ricambio. Accanto a giocatori ancora validissimi (Zidane, Thuram) ce ne sono altri di minore qualità (Leboeuf) o sui quali il peso degli anni si fa sentire (Desailly, Djorkaeff). Dugarry è un oggetto misterioso cui si sarebbe potuto rinunciare senza rimpianti; portato in Giappone più in ossequio alla sua partecipazione ai mondiali francesi che per suoi reali meriti. L’ errore è tanto più grave se si considera quanti e quali talenti stia producendo la Francia negli ultimi anni. Perché non attingere con maggior fiducia al grande vivaio della nazionale under 21? Il solo Cissé, giovane e potente attaccante, è stato portato in Giappone. Suo è l’ ultimo gol (in amichevole) della Francia; nelle tre gare contro Senegal, Uruguay e Danimarca è stato impiegato col contagocce, dimostrandosi comunque più tonico ed efficace di Dugarry.

Lemerre non ha osato: ra riposato due anni sugli allori, senza problemi di qualificazione (la Francia aveva diritto a partecipare al Mundial come campione in carica); ha spereato e creduto che bastassero le vecchie glorie, vivificate dall’ estro e dal genio di Zidane, per ripetersi. Così non è stato anche perché, reduce dalla strepitosa finale di Champions League, l’ immenso trascinatore francese si è infortunato. La parola d’ ordine, ora, è proprio quella di Zidane: ricominciare. Da lui, da Trezeguet, da Cissé. Per il resto, repulisti o quasi.

La Germania non è più una grande; la critica, in questo, sembra essere concorde. Stefano Bizzotto propone suggestive correlazioni fra la storia politica tedesca e le vicende della sua squadra nazionale. Non entro nel merito di simili elucubrazioni, ma avanzo un’ ipotesi: retrocessa da “grande” a “media”, non potrebbe diventare ora una delle sorprese del mondiale? Oggi ha battuto il Camerun, assai deludente, con carattere e compattezza: l’ espulsione di Ramelow avrebbe potuto essere il colpo del ko, il via a un tambureggiante e fertile assedio africano. L’ episodio, viceversa, ha esaltato le qualità dei contropiedi tedeschi, affidati al mobile Bode (al posto dell’ immobile Jancker). Il solito Klose, come uomo assist e come goleador (quinta rete di testa!), ha fatto il resto.

Il Camerun, dicevo, mi ha deluso. M’ Boma è un calciatore spento; in attacco, oltre a Eto’ o, non si è visto molto. Con le sue intemperanze, Song avrebbe potuto essere il primo calciatore espulso in tre mondiali consecutivi. Errori marchiani e amnesie difensive non si possono permettere a una squadra che detiene il titolo olimpico e quello di campione d’ Africa. L’ unica nazionale africana, a detta di Schaeffer, che avrebbe potuto vincere il mondiale.

Agli ottavi, invece, ci va un’ altra africana: il Senegal. Non le blasonate Nigeria e Camerun, ma la giovane e simpatica matricola allenata da Bruno Metzu. Un complesso di calciatori fortissimi fisicamente, per nulla scarsi sul piano tecnico, abbastanza approssimativi in fase tattica; lasciarsi recuperare tre reti dall’ Uruguay, che ne aveva segnata solo una (con una prodezza di Rodriguez) nelle due precedenti gare, è un autentico delitto. Che avrebbe potuto costar carissimo ai senegalesi, se i sudamericani non avessero sprecato la palla della qualificazione proprio alla fine. Diouf si conferma grandissimo talento; mi chiedo tuttavia come mai, dei 5 gol segnati fino ad ora dalla sua nazionale, neppure uno porti la sua firma. Forse, come goleador, deve maturare un po’. O forse, essendo il migliore dei suoi, si sacrifica talmente per i compagni da perdere lucidità e occasioni per andare in rete lui stesso. Oggi, in un paio di circostanze, ho avuto più la prima che la seconda impressione.

Dietro la Germania arriva l’ Eire, che si sbarazza dell’ Arabia Saudita. Lo fa con autorità, con facilità, senza neppure troppi meriti. Ne aveva avuti di maggiori pareggiando contro Camerun e Germania. Il bellissimo gol di Keane e la buona prova di Duff sono le note più positive per Nc Carthy, che può festeggiare la qualificazione.

Troppi ammoniti, soprattutto in Uruguay – Senegal e in Germania – Camerun (figli di arbitraggi fiscali, probabilmente). L’ arbitraggio di Uruguay – Senegal è stato anche generoso di calci di rigore: uno per parte, entrambi come premio per credibili simulazioni. Rischia di essere il mondiale dei casi arbitrali, dei guardalinee orbi, dei cartellini di vario colore e delle simulazioni: gente che cade al primo filo di vento, per chiedere un rigore o l’ espulsione dell’ avversario. Attenzione.

Francia – Danimarca 0 – 2 [Tomasson]

Uruguay – Senegal 3 – 3 [Fadiga, Djop, Djop, Morales, Forlan, Recoba]

Germania – Camerun 2 – 0 [Bode, Klose]

Eire – Arabia Saudita 3 – 0 [Keane, Breen, Duff]


indice della rubrica | prima pagina

copertina

[logo]