22/6/2002 |
diario
mondiale |
di
Francesco Bianco
La aspettavo da tempo, augurandomi che non arrivasse mai. L' eliminazione del Senegal, intendo. Specie dopo l' uscita degli azzurri (ma anche prima), chi non ha guardato a questa squadra con particolare simpatia, chi non ha fatto il tifo per i senegalesi nemmeno un po'?
Dispiace, è vero; la avremmo vista volentieri per un altro paio di partite; personalmente avrei gradito anche che vincesse i mondiali. Ma è un' eliminazione bella, sincera, senza i veleni che hanno accompagnato quelle di Italia e Spagna. Senza la rabbia che ha accompagnato fuori i fortissimi argentini, senza la delusione che ha detronizzato la Francia. I senegalesi escono fra gli applausi del pubblico, con un po' di rammarico per aver sfiorato la semifinale ma con la consapevolezza di aver ripetuto l' impresa del Camerun di Roger Milla: essere fra le prime otto nazionali del mondo.
E' la seconda volta che una squadra africana raggiunge i quarti di finale. Nel primo caso, quello del Camerun, si era trattato più che altro di strapotere atletico, ben rappresentato dal gol di Onam Biyik nella partita di apertura contro l' Argentina: un poderoso stacco di testa che ha irretito Pumpido, assai colpevole. Stesso risultato, stessa sorpresa nell' 1 - 0 con cui il Senegal ha battuto la Francia nell' esordio di Seul. Un claomoroso successo che sembrava figlio del caso e della classe di Diouf. E invece il Mundial, nel suo svolgimento ulteriore, ha dimostrato quanto solide fossero le basi dei vicecampioni d' Africa. Esemplare, in tal senso, è stato il secondo gol dei ragazzi di Metsu: lo straordinario contropiede che ha messo Diao nelle migliori condizioni per battere Soerensen, portiere danese. Si è trattato del gol più bello dei mondiali per costruzione, così lineare e semplice da sembrare banale; un capolavoro di esattezza e lucidità, affiatamento e disciplina, forza fisica e velocità, amalgamate e rese efficaci da una buona tecnica di base.
Il proseguio del Mundial ci ha messo sotto gli occhi una squadra sempre più sicura dei propri mezzi, dal cui gruppo Diouf non emergeva più come luce nella notte, ma come stella più brillante accanto ad altri astri: Diao, Fadiga, Camara (autore dei due gol contro la Svezia), Bouba Djop (il bomber senegalese ai mondiali, con tre centri). Perfino Sylva, il portiere, insicuro e dileggiato dai telecronisti all' esordio, si è guadagnato un suo posto nella storia, con un numero di parate (fino agli ottavi di finale) secondo solo a quello di Friedel (USA).
Qualcuno, superficialmente, potrebbe pensare che gli africani abbiano perso proprio l' incontro più semplice. Dopo aver eliminato Francia, Uruguay e Svezia (squadre che hanno fatto la storia dei mondiali), chi era la Turchia? Una nazionale antipatica, se si vuole, totalmente priva di quel buonumore che caratterizza i senegalesi, terribilmente concreta e organizzata.
Lo zero a zero dei tempi regolamentari è stato sicuramente uno degli incontri più piacevoli del modniale di Giappone e Corea, ricco di spunti tecnici, di occasioni da rete, di capovolgimenti di fronte. Il Senegal ha giocato meglio l' inizio, sfiorando il gol soprattutto con un violento tiro di Fadiga deviato involontariamente da Camara (in fuorigioco). L' irruenza senegalese si è man mano affievolita contro il compatto muro dei turchi, che sono venuti fuori con lo scorrere dei minuti ottenendo le migliori occasioni. C' è da chiedersi perché giochi sempre Hakan Sukur, ombra dell' ottimo centravanti del Galatasaray e perfino della riserva di Vieri, all' Inter. La Turchia, senza divertire come gli africani, ha meritato i risultati finora ottenuti. Emre, Umit e Basturk sono in ottima forma, la difesa offre solide garanzie (specie Rustu e Alpai). In attacco, fossi il ct turco, penserei a qualche alternativa per il logoro e triste Hakan Sukur.
In semifinale c' è anche la Corea, la sorpresa che piace di meno. Non già perché abbia disputato un brutto mondiale, quanto per l' ineliminabile sospetto di combine che ha accompagnato le sue due ultime prestazioni. La partita contro la Spagna ha ricordato moltissimo quella contro l' Italia: pareggio nei 90 minuti regolamentari e supplementari conditi con errori arbitrali a iosa. Ricordo due gol regolari annullati e un fuorigioco inesistente fischiato agli spagnoli. Hiddink può andar fiero della squadra compatta e solida che ha costruito, ma è lui l' artefice numero uno dei successi coreani? O qualcuno più in alto?
Di sicuro, una serie di 5 rigori segnati non capitava di vederla da molto tempo. Specie a noi italiani, così poco fortunati e bravi dal dischetto.
Ci si avvia alle semifinali. Quattro partite e quattro squadre ci separano dall' epilogo di questo mondiale. Ancora una volta, dedichiamo un pensiero a chi ci abbandona:
l' Inghilterra, per l' impassibilità di Eriksson;
gli USA, per la generosità;
la Spagna, per i rigori parati (da Casillas) e segnati (Hierro nel ha firmati 4)
e il piccolo grande Senegal, per averci adottati (noi, orfani degli azzurri) e fatto sognare.
Come il Chievoverona dello scorso campionato, il Senegal ci ha prima sorpresi; poi ci ha conquistati con la concretezza, con quel sottile cocktail di umiltà e superbia, con la piacevole illusione di una sopresa vera, di una incredibile vittoria finale. Grazie, Senegal. Grazie davvero.
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