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TUTT' ALTRO CHE BEST
(Best di Mary McGuckian, Gran Bretagna, 2000)
Diciamolo pure: "Best" ci ha deluso. Era forse
troppo carico di aspettative, troppo suggestivo con quel titolo
secco, quasi un' affermazione di valore. Ci aspettavamo di più da
un soggetto assolutamente interessante e degno di essere trattato:
la vita, sul campo e fuori, di George Best, campione tutto genio e
sregolatezza, come vuole la migliore tradizione. Cominciamo subito
col dire, in un giudizio che è e resta negativo, cosa è
piaciuto. Il calcio giocato, le immagini d' epoca, un po'
sgranate, delle azioni dei fuoriclasse del Manchester United.
Ripercorrere alcuni dei passaggi fondamentali della storia del
calcio europeo e inglese è stato emozionante: dai primi gol all'
umiliazione del Benfica sul proprio campo del '66, alla vittoria
in Coppa dei Campioni (allora la Champions League non esisteva)
due anni più tardi, a Wembley, sempre contro il Benfica di
Eusebio. I filmati d' epoca sono sapientemente mescolati con le
nuove riprese, in un montaggio senza cesure particolarmente
fastidiose (come è capitato in altri film). Non ci piace, invece,
l' assenza nel tessuto narrativo di episodi fondamentali, quali l'
assegnazione a Best del Pallone d' oro; poco suggestiva è inoltre
la cornice del racconto, che si immagina narrato all' interno di
uno show televisivo con protagonista lo stesso Best. La vicenda,
di per sé accattivante, non cattura, frammentata in episodi cui
manca o l' enfasi o il rigore documentario e narrativo. Un
montaggio "barbaro", per un film che narra della vita
sregolata di un campione alcolizzato, possiamo anche accettarlo,
ma il dramma del calciatore costretto a smettere non è
assolutamente reso, sulla tela cinematografica, coi colori che ci
aspetteremmo.
Avremmo preferito, piuttosto, più spazio al calcio, a quello
giocato, alle immagini del Manchester sul campo e a quelle di Best
stesso col pallone fra i piedi. Ma forse, trattandosi proprio di
George Best, era una scelta che potevamo prevedere e che, a conti
fatti, accettiamo: un campione che al calcio ha dato meno di quel
che poteva, giocando poco e smettendo a soli 28 anni. Pazienza.
Mal si digerisce, invece, la retorica della scena della fuga dalla
polizia che assdiava la casa di Best: il campione fugge con un
disperato e malinconico dribbling, per liberare subito dopo tutta
la sua rabbia. Retorica che non è assente neppure nel finale,
tutto dedicato a sir Matt Basby, demiurgo di quel grande
Manchester. La figura di Basby, in effetti, giganteggia
onnipresente fino quasi, talvolta, a sovrastare George Best. Non
valeva la pena, forse, dedicare tutto il film al grande
"manager" dello United, lasciando sullo sfondo la
vicenda sportiva e umana di Best e degli altri campioni della
squadra (fra i quali emerge, pur fiocamente, solo l' immagine di
Bobby Charlton)? Il botteghino, probabilmente, ci risponderà.
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