C'è in giro per le televisioni, una banda che
vuole uccidere il gioco del calcio, sopprimendo piano piano il campionato,
passando dai protagonisti, eliminandoli uno per uno, dipingendoli come
malfattori, simulatori, gente ineducata, venale, ignorante e forse ancora
qualcosa di più. E' una banda che si erge a moralizzatrice come se fosse la sola
che cammina sulla via del sapere o delle certezze. Che non usa la parola o la
penna per quello che canonicamente dovrebbe servire, usa solamente la pala che
per inchiostro ha il fango, che spargono su tutto e su tutti coloro che non
siano schierati dalla propria parte. Avete sentito ultimamente parlare di
squadre che non erano la Roma e di volta in volta di chi gli gioca contro?
Quante polemiche, solo polemiche, il gioco latita. Vi siete chiesti che fine
abbiano fatto lAtalanta, Il Chievo, la Lazio, il Brescia, il Bologna, il Como e
via via tutte le altre di cui si ignora l'esistenza. Servono per riempire i
tabellini delle classifiche. Ci sono ma nessuno se ne accorge. O forse non ci
sono più. Non fanno polemiche. Giocano facendo quello che possono e sanno fare.
Santi in Paradiso non ne hanno, cosicché scontano i loro peccati in silenzio e
in rassegnazione. Vogliono uccidere il campionato e forse per salvarlo
bisognerebbe stravolgere tutti i regolamenti affidando a loro la gestione di
tutte le cariche, interpretando i regolamenti a comando e adattandoli secondo le
loro convenienze.
Ho sentito dire cose tremende su giocatori che non possono replicare ma solo
sopportare. Hanno crocefisso Inzaghi, messo alla gogna Cannavaro, invocando la
prova televisiva chiedendo più etica nel comportamento in campo. Un'etica
dimenticata da loro stessi, persone solo pronte a condannare con parole pesanti
come macigni. E' vero che ho assistito ad un processo che si dice continuamente
sopra le parti ma che nella realtà dei fatti non lo è. E' solamente la
passerella di giornalisti che hanno trovato una visibilità che pur di mantenerla
sono disposti a insultarsi, rendendosi ridicoli e riuscendo a trasformare un
presunto processo in una farsa. E le farse fanno ridere, e allora ridiamo.
LUCIANO COMASCHI