NESTA...CHE "FESTA"!

Erano sette giorni che sui giornali della Capitale non si parlava d'altro...di come sarebbe stato accolto...delle emozioni presunte...reali. Il destino è stato amaro nel catapultarlo in modo così repentino da avversario nel suo stadio, contro la sua Lazio, i suoi tifosi, i suoi compagni...la sua vita. E si sforzava Alessandro ad ammorbidire i toni, ad abbassare i riflettori, a gettare acqua sul fuoco...quel fuoco ancora acceso nei cuori del popolo laziale. La maggior parte delle persone presenti sabato all'Olimpico lo ha visto esordire con quella maglia biancazzurra, con quella seconda pelle, lo ha sostenuto dalle stelle alle stalle, lo ha visto correre impazzito per il suo primo trofeo grazie proprio ad un suo goal (finale Coppa Italia Lazio-Milan 3-1), lo ha consolato frastornato e incredulo dopo la debacle dell'ultimo derby..
Sabato l'Olimpico non ha fischiato Sandro...ma il "nemico", colui che ha osato allontanarlo... Ha fischiato il sistema...la dura legge del calcio moderno (si dice così...vero?) che ha imposto la cessione dell'ultimo vero uomo-bandiera in casa Lazio. E non è un caso che la folla biancoceleste in questa stagione si sia ritrovata unita e compatta nel sostegno alla squadra indipendentemente dai risultati sportivi...si sia "aggrappata" al vessillo al di là dei singoli giocatori, si sia ritrovata orgogliosa di essere laziale forse più di prima.
Sandro Nesta non è un mercenario...lo sa bene la gente...anche quella che lo ha fischiato sonoramente; la sua colpa semmai è quella di essere stato l'ultimo degli incedibili e, in quanto tale, l'unico che, andandosene, doveva qualcosa a quella gente così svisceratamente innamorata... Potevano non farlo Vieri, Salas, forse anche Nedved e Signori...uomini che hanno contribuito ai successi laziali ma che, nonostante lo splendido feeling con i tifosi, non hanno fatto della Lazio la loro vita... Sandro doveva...perchè lui era la Lazio...l'anello di congiunzione tra il nebbioso passato e la nuova realtà dell'era Cragnotti...inesauribile vanto della Roma biancazzurra. Doveva trovare il modo di dire a tutti che le sue gambe andavano a Milano ma il suo cuore sarebbe rimasto lì...Doveva prenotare non una pagina di giornale come fanno coloro che se ne vanno dopo qualche anno...ce ne volevano dieci! Dieci facciate per gridare al suo popolo... "A presto"...per dire che lui la sua gente non l'avrebbe dimenticata mai... Doveva vincere remore e timidezza, doveva confrontarsi con chi non ha dormito per notti intere, doveva comunque andare, nonostante il clima avverso, sotto quella curva e spiegare, anche con un solo gesto, perchè sia "sparito" nel nulla... Non è che poteva..: attenzione...doveva!
Poteva non averne voglia...ma aveva un "debito"...un debito d'onore! Non c'è da sdegnarsi per quei fischi...sarebbe stata tremendamente peggio l'indifferenza...
Ed invece quel sibilo che ha accompagnato ogni sua giocata è stata la sofferta testimonianza di un grande amore forse involontariamente calpestato...manifestazione insolita, complessa e paradossale. Diatriba mangiafegato che il pubblico laziale aveva "riservato", lacrime agli occhi, solo ad altri due giocatori "purosangue"... anche se con qualche sfumatura diversa: Bruno Giordano e Paolo Di Canio... anche loro accolti, da avversari, in modo insolito e contrastato...è solo un caso?